Parlare meno di Rossella Urru?
Il deputato del PD Andrea Sarubbi suggerisce maggiori riflessioni rispetto alle campagne online, gli hashtag, e Sanremo
Le benintenzionate e rincuoranti mobilitazioni per la sorte di Rossella Urru, sequestrata in Algeria, hanno anche avviato una riflessione sull’efficacia e il senso di simili campagne, soprattutto in rete: la spiega con cautela e discrezione sul suo blog Andrea Sarubbi, deputato del Partito Democratico.
Per carità, un hashtag su twitter non si nega a nessuno, figuriamoci a chi se lo merita. E ben vengano pure le citazioni a Sanremo, come è stato, se questo serve a svegliare un po’ l’Italia su temi che generalmente interessano a pochi. Rossella Urru non vestiva una divisa, quando quattro mesi fa è stata rapita nel campo profughi di Hassi Raduni, e così nessuno ha scomodato finora per lei la categoria di eroe; agli occhi dell’opinione pubblica rischiava di venire dimenticata, pur essendo un pezzo dell’Italia migliore, così come del resto è dimenticata la cooperazione internazionale, nata per essere una colonna della politica estera italiana e ridotta a un club – tra l’altro sempre più ristretto – di anime belle. Free Rossella, allora, se lo slogan servisse davvero a qualcosa. Ma purtroppo la situazione è complicatissima, come qualsiasi addetto ai lavori potrebbe spiegare se solo avesse voglia di parlarne pubblicamente. Invece, tutto prosegue nel silenzio, come è giusto che sia.
Se Rossella Urru fosse stata rapita in un’isola in mezzo all’oceano, tutto sarebbe più facile: il governo italiano si metterebbe in contatto con quello locale, e i servizi segreti di entrambi i Paesi comincerebbero a lavorare insieme. Prima o poi – più prima che poi – se ne verrebbe a capo
(continua a leggere sul blog di Andrea Sarubbi)