Napolitano risponde a Cesare Damiano
Il presidente della Repubblica ha risposto a un'intervista di ieri del deputato del PD, che aveva difeso gli emendamenti fatti al decreto "milleproroghe" in parlamento
Con una lettera al quotidiano Repubblica, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha risposto oggi a un’intervista del deputato del Partito Democratico Cesare Damiano, che ieri sullo stesso giornale aveva difeso il modo di operare del parlamento nel presentare emendamenti ai decreti governativi, al momento della loro conversione in legge. Il 23 febbraio, infatti, il presidente della Repubblica aveva inviato un’altra lettera ai presidenti del Consiglio, della Camera e del Senato dicendo che nel decreto cosiddetto “milleproroghe” il parlamento aveva inserito troppi emendamenti che non c’entravano.
Caro direttore,
il suo giornale ha intervistato l’on. Cesare Damiano per chiedergli opinioni sulla lettera da me indirizzata al Parlamento e al governo in materia di conversione dei decreti legge. Mie argomentate preoccupazioni in proposito erano già state espresse in precedenza, in presenza sia del governo Prodi sia del governo Berlusconi riguardavano l’esercizio di delicati poteri costituzionali.
Su quegli stessi argomenti è giorni fa intervenuta una sentenza della Corte Costituzionale, da cui ormai non si può prescindere nell’attività parlamentare.
Questo complessivo contesto dovrebbe risultare ovvio a tutti, purché si legga con attenzione quel che va letto. E non si capisce dove l’on. Damiano abbia potuto leggere l’invito a “prendere i provvedimenti a scatola chiusa”: in particolare i decreti legge. Nessuno può impedire che in Parlamento si presentino ed eventualmente si approvino emendamenti volti a modificare norme contenute in decreti legge approvati dal Consiglio dei ministri ed emanati dal Presidente della Repubblica. Quel che non può correttamente farsi è introdurre attraverso emendamenti – in sede di legge di conversione – norme estranee alla materia e alle finalità del decreto emanato. Se lo si fa si violano regole che dovrebbero essere note e ci si espone ormai a vedere giudicate illegittime dalla Corte costituzionale e quindi cancellate, quelle norme impropriamente inserite.