Chi ha un computer deve pagare il canone
In base a un decreto regio del 1938, la Rai chiede a 5 milioni di imprese e cittadini con partite IVA di pagare un canone speciale: perché hanno un computer o un videocitofono
Quasi cinque milioni di imprese hanno ricevuto in questi giorni dalla Rai un’ingiunzione di pagamento per il «canone speciale», ovvero quello riservato a un uso della televisione “non familiare”. Ma hanno ricevuto la lettera anche quelle aziende che non risultano avere in ufficio una televisione, ma possiedono un semplice apparecchio in grado di ricevere il segnale radiotelevisivo: un computer, un monitor, un telefono cellulare, un iPad o una telecamera per la videosorveglianza o un video citofono particolarmente avanzato (che permette una connessione audio-video integrale e permette di vedere sul monitor chi suona alla porta, ma anche la Tv).
Poiché il canone Rai non è una tassa sul servizio (non ha a che fare con la ricezione o visione dei programmi Rai) ma sul possesso dell’apparecchio, significa che chi dispone di uno di questi dispositivi «adattabili» alla ricezione del segnale è obbligato a pagare il canone, anche se questi apparecchi non sono utilizzati per guardare la Tv. Per spiegare la sua richiesta, la Rai ha trasmesso anche uno spot televisivo: nelle ultime ore la notizia ha generato molte proteste soprattutto su internet (su Twitter è stato creato uno hashtag #raimerda che, nel giro di poche ore, è arrivato subito in testa nella classifica dei trending topic italiani). E i capigruppo del Pdl Alessio Butti e del Pd Fabrizio Morri nella Commissione di Vigilanza sulla Rai hanno invitato oggi il ministro dello Sviluppo Corrado Passera a intervenire sulla richiesta.
Per la sua richiesta la Rai si è basata su una norma contenuta nella “manovra salva Italia” varata con il Decreto Legge numero 201 il 6 dicembre 2011 secondo la quale le aziende devono inserire le indicazioni del canone speciale nel modello Unico della dichiarazione dei redditi.
Art. 17 – Decreto Legge numero 201
Canone RAI
Le imprese e le società, ai sensi di quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, nella relativa dichiarazione dei redditi, devono indicare il numero di abbonamento speciale alla radio o alla televisione la categoria di appartenenza ai fini dell’applicazione della tariffa di abbonamento radiotelevisivo speciale, nonché gli altri elementi che saranno eventualmente indicati nel provvedimento di approvazione del modello per la dichiarazione dei redditi, ai fini della verifica del pagamento del canone di abbonamento radiotelevisivo speciale.
La Rai si è giustificata inoltre citando il regio decreto del 21 febbraio 1938, che dice:
Chiunque detenga uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle radioaudizioni è obbligato al pagamento del canone di abbonamento, giusta le norme di cui al presente decreto. La presenza di un impianto aereo atto alla captazione o trasmissione di onde elettriche o di un dispositivo idoneo a sostituire l’impianto aereo, ovvero di linee interne per il funzionamento di apparecchi radiotelegrafici, fa presumere la detenzione o l’utenza di un apparecchio radio-ricevente.
Secondo Rete Imprese Italia a cui aderiscono cinque organizzazioni (Casartigiani, Cna, Confartigianato, Confcommercio, Confesercenti) e che per prima ha denunciato il nuovo obbligo il canone speciale costerà dai 200 ai 6 mila euro l’anno, a seconda della dimensione delle imprese, riguarderà quasi 5 milioni di aziende e porterà nelle casse della Rai 980 milioni di euro.
Per Rete Imprese Italia saranno inoltre costretti a pagare il canone speciale «i titolari di esercizi commerciali, anche quelli che non dispongono di un televisore in negozio, le associazioni, le partite Iva e chi possiede la posta elettronica certificata» perché la Rai potrà risalire attraverso l’elenco pubblico delle persone giuridiche obbligate a possedere un account di posta elettronica certificata e riscuotere questa tassa: «Una richiesta assurda tanto più se si considera che il governo spinge proprio sull’informatizzazione per semplificare il rapporto tra imprese e Pubblica amministrazione».
Con una lettera al Presidente del Consiglio Mario Monti e al ministro dello Sviluppo e delle Infrastrutture Corrado Passera, Rete Imprese Italia ha chiesto immediatamente l’esclusione da qualsiasi obbligo di corrispondere il canone «per gli apparecchi che fungono da strumenti da lavoro per le aziende e che non siano ovviamente televisori».