Il dilemma dei supersoldati
Grazie alla tecnologia, in un futuro non troppo lontano i militari statunitensi saranno sempre più forti e sempre meno umani, con conseguenze preoccupanti
Grazie alla tecnologia, in futuro nel mondo i soldati saranno per certi versi sempre meno umani. La prossima generazione di soldati, spiega un recente articolo scritto da Patrick Lin sull’Atlantic, sarà sempre più forte e resistente, composta da militari attenti e quasi indistruttibili. Come dimostrano vari progetti di ricerca che sta sviluppando, tra gli altri, l’esercito americano, i suoi soldati soldati in futuro potrebbero essere capaci di sopravvivere mangiando erba, comunicare telepaticamente, saper resistere allo stress anche in condizioni estreme, potersi arrampicare su qualsiasi tipo di superficie.
Già oggi, ricorda Lin, i militari americani hanno a disposizione diverse risorse e sistemi per aumentare la loro forza e la loro resistenza. Diversi centri di ricerca hanno realizzato alcuni prototipi di armature, li chiamano “esoscheletri”, che sostengono gli arti dei soldati e ne potenziano la forza con motori elettrici, ammortizzatori e altri sistemi. Come spesso accade, poi, la tecnologia militare trova utilissime applicazioni civili: lo scorso ottobre la società statunitense Ekso Bionics ha presentato un esoscheletro robotico indossabile, alimentato a batterie, progettato per permettere di stare in piedi e camminare a chi ha subito lesioni spinali ed è costretto a utilizzare la sedia a rotelle.
Negli ultimi tempi sono arrivate altre novità. Il “progetto Avatar” del DARPA (la divisione di ricerca tecnologica del Pentagono) in un prossimo futuro prevede l’utilizzo in missione di un avatar robotico da parte di ogni singolo soldato. L’ultimo rapporto della Royal Society (l’accademia nazionale delle scienze britannica) sostiene che gli sviluppi della neuroscienza in un futuro non troppo lontano permetteranno ai soldati di controllare le armi direttamente con la forza del pensiero e di essere sottoposti ad analisi cerebrali durante il reclutamento. Infine, i soldati dovranno sottoporsi anche a corsi di stimolazione cerebrale per migliorare il loro apprendimento.
Da sempre gli eserciti e gli Stati cercano di rendere i loro soldati sovrumani, o comunque più forti e resistenti della norma, per poter vincere le guerre. Lin ricorda quando, durante la Rivoluzione americana, George Washington imbottì i suoi soldati di vaccini e farmaci contro il vaiolo, che il sistema immunitario degli inglesi, invece, riusciva a combattere molto più facilmente. Ai soldati nel corso dei secoli sono state somministrate diverse sostanze, dalla caffeina alle anfetamine, allo scopo di accentuare le loro qualità.
La questione dei supersoldati pone però dei dubbi sulla validità delle leggi, convenzioni e principi etici validi sino ad ora. In particolare, si chiede Lin: è giusto costringere i soldati a sottoporsi a tecniche e tecnologie così devianti, che probabilmente vìolano le leggi sulla sperimentazione sugli esseri umani? Entro quali parametri etici un soldato può essere sottoposto all’uso di tecnologie che possono avere conseguenze irreversibili sul suo corpo? E poi: la divisione degli eserciti tra soldati iperdotati e soldati normali, con tutte le responsabilità del caso, non avrà conseguenze sulla coesione e sul morale delle truppe? Quando torneranno in patria dal fronte come potranno essere riassimilati alla vita normale? E infine: ai supersoldati, che potranno resistere molto più facilmente alla tortura, potrà essere applicata la Convenzione di Ginevra?
C’è un altro punto, infine, che riguarda le cosiddette BMI (Brain-Machine Interfaces), ossia le tecnologie che permetteranno di collegare i cervelli di soldati alle armi dell’esercito ma anche agli stessi droni, ossia gli aerei senza pilota utilizzati molto spesso dagli Stati Uniti contro gli estremisti islamici al confine tra Afghanistan e Pakistan. Se un attacco guidato da un cervello umano ma effettivamente realizzato da una macchina a distanza uccide, per sbaglio, degli innocenti, chi ne sarà responsabile?
foto: Chip Somodevilla/Getty Images