I russofoni hanno perso il referendum in Lettonia
Con il 75 per cento dei No e una grande affluenza è stata respinta la proposta di far diventare il russo la seconda lingua ufficiale del paese
Si è tenuto ieri in Lettonia un referendum volto a consultare la popolazione sulla possibilità di far diventare il russo la seconda lingua ufficiale del Paese, questione da tempo al centro dei delicati rapporti tra i lettoni e la minoranza russofona che vive in Lettonia. La proposta del movimento russofono Dzimtā Valoda (Lingua Madre), guidato da Vladimirs Lindermans, è stata respinta da quasi il 75 per cento degli elettori.
Il risultato finale era stato previsto dai sondaggi ma il dato molto interessante riguarda l’affluenza, che si è attestata a circa il 69 per cento. Il risultato ha superato le attese ed è stato causato probabilmente dal timore da parte della popolazione di lingua lettone che il referendum potesse essere il primo passo verso la richiesta di indipendenza da parte della minoranza russa. Da quando nel 1991 la Lettonia ha ottenuto l’indipendenza dalla Russia, la questione linguistica è stata la causa principale delle tensioni tra le due comunità. Fino a qualche anno fa imparare il lettone era un requisito fondamentale per poter avere la cittadinanza, tanto che circa 300mila cittadini russofoni del paese non l’hanno mai ottenuta.
Secondo Vladimirs Lindermans, il leader del movimento Lingua Madre, da oltre vent’anni i cittadini lettoni di lingua russa sono trattati come cittadini di serie B perché privati del diritto di utilizzare la loro lingua madre in situazioni ufficiali e nei rapporti con lo Stato. Al contrario il presidente lettone, Andris Berzins, che aveva definito il referendum “assurdo”, sostiene che i lettoni abbiano problemi più seri a cui pensare, come l’uscita dalla pesante recessione degli ultimi anni.
foto: (AP Photo/Roman Koksarov)