Kellogg’s compra Pringles
Procter & Gamble ha annunciato che venderà il marchio di patatine alla multinazionale alimentare, dopo il fallito accordo con Diamond Foods
Kellogg Company ha annunciato oggi che acquisterà il marchio di patatine Pringles dalla multinazionale statunitense Procter & Gamble, per 2,7 miliardi di dollari (circa 2 miliardi di euro). Ad aprile dello scorso anno Procter & Gamble aveva annunciato la vendita di Pringles a Diamond Foods, un’altra società alimentare con sede in California e specializzata nella produzione di popcorn e frutta secca, ma l’accordo era saltato dopo che la scorsa settimana la Diamond Foods aveva sostituito il proprio amministratore delegato e ha dovuto correggere i bilanci per alcune irregolarità contabili.
Con l’acquisizione, che si concluderà nell’arco di alcuni mesi, Kellogg’s diventerà la seconda produttrice mondiale di snack salati, attiva in 140 paesi e con vendite per circa 1,5 miliardi di dollari l’anno. Dopo l’annuncio dell’accordo, le azioni della Kellogg’s sono salite di oltre il 3 per cento e con loro quelle della Diamond. Secondo Bloomberg, si tratta della più grande acquisizione nel mercato americano da quando, due anni fa, Nestlé comprò la sezione delle pizze surgelate della Kraft Foods per 3,7 miliardi di dollari.
Procter & Gamble, con la vendita di Pringles, abbandonerà completamente il settore alimentare: negli ultimi anni la multinazionale ha deciso di puntare tutto sulla cosmesi e i prodotti per la casa. Le Pringles vennero inventate da un ricercatore della Procter, Alexander Liepa, alla fine degli anni Sessanta, dopo che da molti anni la società cercava un nuovo tipo di patatine fritte che fosse in grado di durare più a lungo e di poter essere consegnata senza modificare la catena distributiva dell’azienda, non adatta a gestire cibo deperibile rapidamente. Realizzate con fiocchi di patate deidratate pressati insieme e poi fritti, le Pringles andarono male sul mercato fino a un rilancio del marchio e a una modifica negli ingredienti negli anni Ottanta. Negli anni Novanta, il volume di affari legato al marchio arrivò a sfiorare il miliardo di dollari l’anno.