Come cambia il Washington Post
Il New York Times racconta i cambiamenti del giornale concorrente, e l'investimento sempre maggiore sulla parte online
Una domenica di inizio dicembre, il direttore del Washington Post Marcus Brauchli invitò alcuni dei più celebri giornalisti del quotidiano a pranzo a casa sua, una costruzione in mattoni rossi di stile ottocentesco a Bethesda, Maryland.
Chiese ai suoi ospiti, tra cui il vincitore del premio Pulitzer Bob Woodward, Dana Priest, David Maraniss, Rick Atkinson, oltre a Dan Balz, il capo degli inviati del giornale, e Robert G. Kaiser, uno scrittore e editore che è al quotidiano dal 1963, di aiutare lui e il Washington Post.
Voleva avere un parere sul modo in cui pensavano che The Post si stesse occupando delle elezioni del 2012, e che cosa potesse essere migliorato. Il giornale, gli dissero, aveva bisogno di ottenere un equilibrio migliore tra seguire lo spietato ciclo delle notizie 24 ore su 24 e progetti a più lungo termine più ambiziosi. Il morale della newsroom era messo alla prova e aveva bisogno della sua attenzione.
Il New York Times ha pubblicato lo scorso sabato un lungo articolo per raccontare dei cambiamenti e della risposta alla crisi che ha investito i quotidiani da parte del Washington Post. Marcus Brauchli, 50 anni, è stato per circa quindici anni corrispondente all’estero per il Wall Street Journal, che ha poi diretto per pochi mesi prima che il giornale venisse acquistato dalla News Corporation di Rupert Murdoch. Poco dopo il cambio di proprietà, nell’aprile 2008, Brauchli ha lasciato il Journal. Tre mesi più tardi era direttore del Washington Post.
Il quotidiano, sotto la direzione di Brauchli, ha dovuto affrontare la crisi dei giornali cartacei, con un deciso calo nei profitti e una forte diminuzione delle entrate pubblicitarie. Ci sono stati molti pensionamenti anticipati e licenziamenti: la newsroom, la redazione, è passata da oltre mille a meno di 640 persone, e anche la scorsa settimana il giornale ha annunciato un nuovo piano per ridurre i suoi dipendenti di almeno una ventina. Le sedi di New York, Los Angeles e Chicago sono state chiuse, mentre la sezione “Style”, una delle più ambite in passato dai giornalisti, si è ridotta da circa cento persone a poco più di venti.
La crisi è aggravata dal fatto che le vendite del giornale cartaceo sono molto limitate all’ambito locale rispetto ad altri giornali concorrenti con ambizioni nazionali. Il WP, da solo, è ancora in grado di garantire guadagni, anche se ridotti, ma la società che possiede il giornale ha anche diverse altre attività e quotidiani locali: nel complesso, ha registrato perdite per quasi 26 milioni di dollari (circa 20 milioni di euro) durante i primi nove mesi del 2011. Queste perdite sono dovute anche ai problemi con il sistema di college privati Kaplan College, che The Washington Company comprò nel 1984. Una serie di modifiche legislative a livello federale ha privato negli ultimi anni il gruppo di una importante fonte di guadagni.
Le novità nel lavoro del Washington Post
Brauchli ha provato, con qualche tensione e resistenza da parte dei giornalisti, a modificare il modo in cui il giornale lavora. Fino a circa due anni fa, il Washington Post aveva una presenza su internet molto inferiore e meno curata rispetto a quella dei suoi principali concorrenti. Brauchli ha investito molto in questo aspetto, unendo i contenuti di qualità che hanno fatto la storia del quotidiano a esperimenti più orientati a guadagnare traffico su internet: da un lato, il blog del commentatore politico Ezra Klein, 27 anni, Wonkblog, e dall’altro Celebritology 2.0, dedicato alle notizie di gossip sui personaggi celebri di Hollywood.
I giornalisti che lavoravano all’edizione online, fino a poco tempo fa, erano anche geograficamente lontani dalla redazione principale. Gli uffici erano al di là del fiume Potomac (in Virginia, mentre la sede del giornale è nel centro di Washington, nel District of Columbia) e della versione online si occupava un gruppo diverso di dirigenti. Il ricongiungimento fu voluto nella prima metà del 2009 dal direttore e da Katharine Weymouth, 45 anni, editore del giornale e discendente della famiglia che possiede il quotidiano dal 1933.
Weymouth ha scelto personalmente Brauchli, anche se i rapporti tra i due sembrano essersi raffreddati negli ultimi tempi. E Brauchli ha scelto uno dei due caporedattori che sono arrivati con lui dal Wall Street Journal, Raju Narisetti, come capo della newsroom con l’obbiettivo principale di “portare il maggior numero di visitatori possibile all’indirizzo Washingtonpost.com“.
Brauchli ha supervisionato uno dei cambiamenti più radicali e osservati con attenzione rispetto a quello di qualsiasi altro giornale nel paese. I redattori ora mettono in risalto i dati online e prendono in prestito liberamente dai programmi di concorrenti su Internet più agili e svelti, come Politico e lo Huffington Post.
Narisetti ha lasciato il WP poche settimane fa, tornando al Wall Street Journal. Nella nuova newsroom, grandi schermi piatti proiettano in tempo reale gli articoli che stanno funzionando di più su Internet. Un nuovo sistema di pubblicazione richiede che i giornalisti segnalino prima della revisione dei loro articoli le parole chiave che possono far risaltare meglio i pezzi nei risultati delle ricerche su Google. Nel corso della giornata ci sono 35 resoconti che fanno il punto sul traffico web nelle diverse sezioni del sito, e a mezzogiorno i caporedattori ricevono un resoconto che segnala se il numero delle visite è sulla strada per raggiungere gli obbiettivi della giornata, in modo che possano intervenire, se necessario.
I risultati sembrano essere buoni, per ora: negli ultimi mesi, secondo dati di comScore, riportati dal New York Times, il sito del Washington Post ha tenuto una media di 19,6 milioni di visitatori unici al mese, il secondo risultato migliore per un quotidiano statunitense dopo quello dello stesso New York Times. Oltre ai numeri complessivi, chi dirige il giornale dice di fare attenzione anche a chi sta leggendo. Se c’è un afflusso di visitatori da computer registrati con un suffisso del governo come .gov, .mil, .senate o .house, un blog o un articolo ha ottenuto comunque un risultato importante: ha raggiunto la sua “influential audience”, come la chiama Narisetti.
Anche se il direttore insiste molto sulla versione online, e i risultati vengono monitorati con costanza e formano una parte importante nel processo di decisione del giornale, il Washington Post continua anche con lavori di inchiesta e con il giornalismo più convenzionale, che continua a ottenere riconoscimenti e apprezzamenti. Durante la direzione di Brauchli, il WP ha pubblicato inchieste importanti, come quella sulla grande società di assicurazioni dell’AIG e il suo ruolo nella crisi economica del 2008. Giornalisti del WP hanno ottenuto cinque premi Pulitzer. Brauchli dice che “il Washington Post non ha bisogno di coprire tutto, ma quello che copre lo copre bene.”
Il direttore del Washington Post, Marcus Brauchli
foto: AP Photo/The Washington Post, Toni L. Sandys