Rovinati dalle metafore
Non è l'impoverimento a imbruttire la lingua italiana, ma l'ostentazione di una "ricchezza metaforica inesistente", scrive Pietro Citati
Pietro Citati ha scritto sul Corriere della Sera che difendere la lingua italiana è «molto più importante che battersi per l’abolizione o la conservazione dell’articolo 18». E che, per difenderla, non basta saper usare il condizionale o il congiuntivo, ma è necessario non appesantirla inutilmente e non abusare delle metafore: «La nostra lingua si imbruttisce non per via della sua progressiva povertà, ma del tentativo di ostentare una ricchezza metaforica inesistente».
Negli ultimi tempi, molti hanno scritto intorno alla salute della lingua italiana. Mi sembra giustissimo: la nostra lingua possiede una bellezza, una ricchezza, una flessibilità straordinarie; e impoverirla o deturparla non provocano soltanto una dolorosa ferita alle parole, ma un colpo mortale alla nostra civiltà, alla nostra intelligenza e ai nostri costumi. Battersi in difesa della lingua è molto più importante che battersi per la abolizione o la conservazione dell’articolo 18. Possiamo difenderla soltanto in un modo: cercando di parlare e di scrivere secondo la sua natura e la sua tradizione.
Qualcuno ha giustamente osservato che in questi anni stiamo dimenticando molti vocaboli della nostra tradizione, e che impoveriamo diverse forme della sintassi italiana, specie nel caso del congiuntivo e del condizionale. È comico vedere alcuni ricorrere a una preposizione sconosciuta, e declinare il verbo che si accorda con questa preposizione: sembra che stiano inghiottendo carboni ardenti. Perdere vocaboli e forme sintattiche è molto grave per una lingua come la nostra, il cui fascino dipende in primo luogo dalla ricchezza: è assai meno grave per il francese, che può difendere la sua eleganza anche con un vocabolario diminuito. Ma i disastri peggiori sono stati compiuti nella un tempo sterminata lingua inglese: quando leggiamo certi libri di storia o di critica letteraria, restiamo atterriti, perché ci rendiamo conto che a volte l’inglese, specie nella sua forma internazionale, è ormai incapace di esprimere pensieri appena difficili e complicati.