L’Iran ha bloccato Internet
Si avvicina l'anniversario della Rivoluzione e il traffico web va a rilento; l'accesso ai servizi di Google, Yahoo e Microsoft è stato bloccato, così come a Facebook e Youtube
Google, Gmail, Google Video e Youtube da qualche giorno sono inaccessibili in Iran. La notizia circolava già informalmente da qualche giorno ed è stata confermata oggi ufficialmente da Google, che ha precisato che il blocco è iniziato il 10 febbraio. Da allora più di 30 milioni di iraniani non sono più in grado di accedere ai loro indirizzi email e sembra che anche il servizio di Yahoo e quello di Hotmail, di proprietà di Microsoft, siano stati bloccati. L’ente governativo iraniano responsabile per le telecomunicazioni ha detto all’agenzia di stampa nazionale di non essere a conoscenza di alcun problema e che questi eventualmente non ricadrebbero sotto la sua responsabilità. Il suo capo, Saeed Mahdioun, ha aggiunto che lui non usa servizi email di proprietà di società straniere.
La mossa si deve probabilmente all’avvicinarsi dell’inizio delle celebrazioni dell’anniversario della Rivoluzione islamica del 1979. Le celebrazioni durano un mese e le autorità vogliono stroncare qualsiasi tentativo di protesta e impedire ai movimenti della cosiddetta “onda verde” di organizzare manifestazioni e contestazioni pubbliche. Fino a questo momento gli attivisti iraniani avevano usato alcuni software per usare Internet anonimamente e aggirare i blocchi, come TOR, ma stavolta nemmeno queste soluzioni sembrano funzionare. Da giorni si moltiplicano anche le segnalazioni di rallentamenti e blocchi di tutto il traffico web.
Thomas Erdbrink, corrispondente in Iran del Washington Post, segnala che anche il sito della sua testata e Facebook sono stati bloccati. Chi cerca di raggiungere questi siti viene raggiunto da un messaggio di errore che spiega: “In nome delle leggi sui reati informatici l’accesso a questo sito è negato”. In molti temono che questi fatti indichino l’avvio del temuto progetto governativo sulla “Internet nazionale”, volto a permettere l’accesso solo a siti Internet i cui server sono collocati in Iran, quindi alla portata delle censure e degli interventi del governo.
foto: AP Photo/Vahid Salemi