La bonifica intorno a Fukushima
I costosi lavori nei territori contaminati intorno alla centrale sono stati appaltati a tre grandi compagnie edilizie, tra critiche e dubbi sulla loro efficacia
A quasi un anno dal disastro nucleare di Fukushima, in Giappone si lavora per bonificare dalle radiazioni una regione di circa 20 mila chilometri quadrati, più o meno come la Lombardia. Nelle settimane successive al disastro, il governo giapponese ha dato in appalto i lavori di bonifica a Taisei, Obayashi e Kajima, tre grandi imprese di costruzioni del paese, investendo 13 miliardi di dollari. Il New York Times si è occupato delle polemiche intorno all’assegnazione degli appalti: sia riguardo a chi ne è stato beneficiario – tre imprese che hanno partecipato alla costruzione di 45 delle 54 centrali nucleari del paese, tra cui lo stesso impianto di Fukushima – sia riguardo le effettive competenze delle società coinvolte nella bonifica.
Alcuni ricercatori giapponesi hanno definito l’enorme investimento del governo come non giustificabile, soprattutto a fronte del fatto che i risultati dell’immensa operazione di bonifica non sono per niente certi. Kiyoshi Sakurai, per esempio, uno degli esperti del settore più critici verso l’industria nucleare giapponese, ha denunciato la poca chiarezza nella concessione degli appalti e la natura sospetta del legame tra le tre imprese appaltatrici dei lavori e il governo.
Secondo Yoichi Tao, professore di fisica alla Kogakuin University, “non esistono ancora veri e propri esperti nella decontaminazione, per questo non c’è ragione che giustifichi investimenti così ingenti a vantaggio delle aziende”. Anche gli abitanti della zona sono molto critici sul lavoro di bonifica che stanno svolgendo le tre aziende. Proprio per questo hanno deciso di richiedere, a proprie spese, l’aiuto di personalità indipendenti per mettere a punto strategie e metodi alternativi: concentrandosi, per esempio, sulla bonifica dei boschi che ricoprono le montagne sopra l’area coinvolta, e che sono una fonte importante di contaminazione delle aree sottostanti.
Il governo difende l’operato delle aziende appaltatrici, definendole come “le più attrezzate per un simile di lavoro”, anche se l’Agenzia giapponese per l’energia atomica ha dichiarato che le società di costruzioni non avranno necessariamente anche il grosso dei lavori in futuro, che deve essere ancora assegnato dal ministero dell’Ambiente. Nel frattempo sul territorio lavorano circa 500 persone, reclutate tramite società subappaltatrici (e sub-subappaltatrici) da tutto il Giappone con la promessa di un lavoro semplice, ben pagato (circa 250 euro al giorno) e non particolarmente pericoloso. E in effetti i loro compiti, finora, sono abbastanza semplici: grattare e pulire a fondo i muri degli edifici, rimuovere zolle di terra, raccogliere in sacchi di plastica gli oggetti contaminati. Interpellati dai giornalisti del New York Times, loro stessi hanno ammesso di non avere alcuna competenza specifica nella bonifica di territori contaminati da radiazioni.
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foto: AP Photo/Kyodo News