La responsabilità civile dei giudici
Ieri il governo è stato battuto alla Camera su una questione che in Italia si trascina da 25 anni: di cosa parliamo
Il governo ieri è stato battuto alla Camera su un emendamento sulla giustizia. Discutendo la legge comunitaria, infatti, il deputato della Lega Nord Gianluca Pini aveva proposto un emendamento volto a introdurre la responsabilità civile dei giudici, questione storica del dibattito politico italiano, con una formulazione particolarmente dura e intransigente. Il governo, nella persona del ministro Moavero, aveva dato parere negativo. La Lega aveva chiesto e ottenuto di votare l’emendamento con voto segreto. E il voto segreto ha dato ragione alla Lega e torto al governo, come era già apparso evidente dagli interventi in aula: PdL, Lega e Responsabili, la vecchia maggioranza, hanno votato di nuovo insieme, con i Radicali e qualche franco tiratore da PD e Terzo Polo. Alla fine i voti a favore dell’emendamento Pini sono stati 264, quelli contrari 211.
L’emendamento Pini di fatto supera quanto stabilito dalla legge Vassalli, la 117 del 1988. Quella legge, varata un anno dopo il referendum che a larghissima maggioranza vide vincere i favorevoli alla responsabilità civile dei giudici, la introdusse soltanto per i casi di “dolo” e “colpa grave”, e non per i casi di mancata o scorretta applicazione della legge, fermo restando la possibilità di fare causa allo Stato e non direttamente al magistrato. I Radicali denunciarono da subito, e continuano da allora, il tradimento del mandato referendario. L’Unione Europea ha più volte deferito l’Italia per la mancata corrispondenza della legge Vassalli con quanto previsto dal diritto comunitario. Il PdL ha più volte, negli ultimi anni, utilizzato questa proposta in modo minaccioso e vendicativo nei confronti dei magistrati.
L’emendamento Pini stabilisce che “chi ha subito un danno ingiusto per effetto di un comportamento, di un atto o di un provvedimento” di un magistrato “in violazione manifesta del diritto o con dolo o colpa grave nell’esercizio delle sue funzioni o per diniego di giustizia”, possa rivalersi facendo causa sia allo Stato che al magistrato per ottenere un risarcimento. Le novità rispetto alla legge Vassalli sono due: la responsabilità è genericamente estesa alla “manifesta violazione del diritto” e il cittadino può citare in giudizio direttamente il magistrato e non solo lo Stato.
Una norma simile non trova paragoni nella maggior parte dei paesi europei, dove il cittadino può far causa allo Stato e poi è semmai lo Stato, in caso di condanna, a rivalersi sul magistrato. È vero però che in Italia questa procedura è particolarmente articolata, per usare un eufemismo: perché lo Stato venga condannato in via definitiva a causa del comportamento di un magistrato servono infatti nove gradi di giudizio – tre per l’ammissibilità del procedimento, tre per individuare la responsabilità, tre per l’eventuale rivalsa da parte del ministero della Giustizia – affidati tra l’altro ad altri magistrati. Maria Antonietta Calabrò sul Corriere della Sera di oggi ricorda che “dal 1988 a oggi sono state appena 406 le cause effettivamente avviate da cittadini nei confronti di un giudice”. Le citazioni dichiarate ammissibili sono state 34, le condanne sono state appena 4.
Il dibattito sulla responsabilità civile dei giudici è proseguito negli anni e tutt’ora il centrodestra e il centrosinistra non hanno posizioni militarmente contrapposte sul tema: oltre a chi è molto contrario, come i sindacati dei magistrati, circolano nel centrosinistra diverse posizioni favorevoli a una modifica della legge Vassalli ma prive dell’intento vendicativo più popolare nel centrodestra. Un paio di giorni fa Luciano Violante, ex magistrato, aveva parlato della vicenda di Ottaviano Del Turco, dimessosi da presidente dell’Abruzzo nel 2008 dopo il suo coinvolgimento in un’inchiesta che ha visto poi traballare qualsiasi riscontro fattuale alle accuse, dicendo che «se alla fine del processo Del Turco dovesse risultare innocente, è chiaro che il magistrato inquirente dovrebbe risponderne direttamente». Ieri Antonio Polito sul Corriere della Sera scriveva che “oltre a una carriera politica distrutta e a un uomo fatto a pezzi, se il pm ha sbagliato c’è stato anche un sovvertimento per via giudiziaria della sovranità popolare”, visto che poi dopo le dimissioni di Del Turco in Abruzzo stravinse il centrodestra.
Perché la responsabilità civile dei giudici come introdotta dall’emendamento Pini diventi legge, il testo dovrà essere approvato anche dal Senato: la cosa oggi appare improbabile, visto che sia Alfano che altri membri del PdL si sono detti disponibili a modificare la norma e lo stesso ministro della Giustizia, Paola Severino, ha detto che la norma “dovrà essere migliorata, perché interventi spot su questa materia possono rendere poco armonioso il quadro generale”. Rimane però il problema politico: ieri il governo per la prima volta nella sua breve vita è stato battuto alla Camera. Ieri sera Mario Monti ha convocato a cena i leader dei tre principali partiti che sostengono il governo, Alfano, Bersani e Casini.
foto: Mauro Scrobogna /LaPresse