La protesta dei rilevatori del censimento
I termini di consegna del censimento scadono il 29 febbraio, nelle grandi città: a Milano, nel frattempo, gli addetti alla raccolta dei dati contestano il Comune
Aggiornamento alle 11,30 del 2 febbraio– Nonostante l’anticipo dell’acconto, ufficializzato ieri dall’amministrazione comunale, i rilevatori di Milano stamattina sono in sciopero: poco prima delle 11 hanno sospeso il lavoro al centro di raccolta. Sono una quarantina, in via Marsala: stanno spiegando le proprie ragioni ai passanti e ai pochi utenti che, nonostante la neve, si sono avventurati fin lì. Racconta Orsola: “L’acconto è benvenuto, ma non risolve i nostri problemi: dall’inizio chiediamo che il nostro contratto venga rivisto, e il Comune su questo non ha ancora risposto”.
Aggiornamento alle 9,00 del 2 febbraio– Ieri sera, nella pagina Facebook di Giuliano Pisapia sindaco per Milano e nel sito del Comune è comparso un comunicato ufficiale che annuncia l’avvio delle “operazioni per versare ai rilevatori del censimento l’acconto dei pagamenti relativi al periodo ottobre-dicembre 2011”. L’anticipo dell’acconto è stato deciso lo scorso dicembre, si legge nella nota, per venire incontro alle richieste dei rilevatori, nonostante il contratto per il ritiro dei questionari prevedesse il versamento dell’acconto solo alla fine dei lavori.
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“Non possiamo pagare il padrone di casa, il supermercato, la luce o il gas con in questionari”: nonostante ciò, 470 persone hanno firmato un contratto e stanno lavorando come rilevatori per il Comune di Milano. Da dicembre stanno protestando: chiedono al Comune di pagare loro l’acconto promesso, prima di tutto. Hanno formato un comitato, da qualche settimana hanno un sito, organizzano assemblee (l’ultima, tre giorni fa, è stata inizialmente interrotta dalla Digos, raccontano) e volantinaggi. Quelli che partecipano attivamente alle proteste sono un centinaio, “nella mailing list però abbiamo 200 contatti”, racconta uno di loro, che ha chiesto di restare anonimo. “Lavoriamo gratis da mesi senza nemmeno sapere quando verremo pagati: sull’acconto, il Comune continua a cambiare idea”. Non è l’unica loro rimostranza: “Il lavoro è pagato con ritenuta d’acconto: sforati 5mila euro lordi, scattano tassazioni attorno al 50%, tutte a carico nostro. Sono a carico nostro anche gli spostamenti”. Il rilevatore non può rescindere il contratto, a meno di “gravi e comprovati motivi” (non specificati), pena il mancato pagamento del lavoro già effettuato.
La questione dei compensi era stata affrontata negli ultimi venti minuti del corso di formazione raccontato da una dei rilevatori. La sala di via Bergognone, a Milano, era quasi piena: una sessantina di persone, più o meno, soprattutto giovani, qualche pensionato e alcuni disoccupati. Il censimento era cominciato già da un mese (il 9 ottobre 2011), ed erano necessari nuovi rilevatori: alcuni di quelli formati in precedenza avevano rifiutato l’incarico. Dopo quattro ore di formazione obbligatoria – le novità del 15° censimento (il primo online); come compilare i moduli; cos’è una convivenza e via dicendo – finalmente la responsabile dell’ufficio statistica del Comune aveva parlato di soldi: 1,50 euro (lordi) per le operazioni di confronto censimento-anagrafe, 2 euro per la rilevazione di abitazione non occupata, 3 euro per l’assistenza alla compilazione del questionario e l’inserimento web, 4,50 euro per il rilevamento su campo. Poi però – erano ormai gli ultimi dieci minuti – la responsabile aveva spiegato le modalità di pagamento: “Sarete pagati alla fine delle operazioni”. Sguardi perplessi. “Prima di allora, in primavera, arriverà un acconto, per non farvi aspettare fino al 2013”.
I precari del censimento contestano un contratto che definiscono iniquo e caratterizzato da clausole vessatorie: “Diamo la colpa sia alla vecchia amministrazione che ha partorito questo contratto, sia alla nuova che non ha fatto nulla per modificarlo”. Massimo Laratro, avvocato del lavoro e legale del Movimento San Precario, pensa che i rilevatori di Milano potrebbero impugnare i loro contratti per chiedere un risarcimento all’amministrazione. Ha raccontato al Fatto Quotidiano: “Acconto o meno, il loro lavoro non può rientrare nel contratto di collaborazione occasionale previsto dal Comune: sono a tutti gli effetti dei lavoratori subordinati”.
Il Comune fa sapere che, nonostante il contratto di prestazione occasionale prevedesse un acconto a fine lavoro (più o meno ad aprile), ha deciso di “accogliere le richieste dei rilevatori” e anticipare il versamento: “già in questi giorni gli uffici stanno lavorando per corrispondere il 40% del compenso relativo al lavoro svolto nel 2011. Con questo primo pagamento il Comune esaurirà i fondi che gli sono stati finora affidati dall’Istat”.
I rilevatori di Milano vorrebbero un contratto diverso, come a Bologna, dove – dicono – “i rilevatori sono regolarmente assunti con contratti a tempo determinato, e una parte del corrispettivo viene loro pagata mensilmente”.
Se si cercano notizie in rete si scopre però che la situazione di Milano non è affatto isolata. In generale, c’è molta la confusione: perché se i soldi arrivano comunque dall’Istat, ogni Comune ha scelto come usarli per pagare i rilevatori. In Provincia di Modena c’è chi ha già ricevuto l’acconto: “A dicembre ci hanno dato 200 euro, una sorta di regalo di Natale, visto che siamo praticamente tutti studenti-lavoratori”, si legge su Twitter. Anche nel Bellunese sono arrivati dei soldi, ma solo ai coordinatori, per ora. A Latina, scrive un rilevatore su Facebook, la situazione è precisa identica a Milano: nessun acconto, nessun rimborso spese, solo che lì “i colleghi sono ancora poco propensi alla protesta per rivendicare un trattamento economico più dignitoso”. Non c’è grande fiducia nei confronti delle amministrazioni: “Abbiamo firmato che ci danno un massimo di 5 euro per questionario, perché dicono che i soldi dall’Istat non gli arrivano. Così possono darci anche 1-2 euro per questionario”. Racconta una rilevatrice che sta lavorando per un piccolo Comune in provincia di Ferrara: “Ancora non abbiamo ricevuto nulla. Del resto è stato così anche con il censimento dell’agricoltura del 2010: siamo stati pagati a settembre 2011, e ad alcuni di noi mancava ancora una parte”. Altra testimonianza, da chi lavorò anche per il 14° censimento, nel 2001: “Allora aspettammo un anno, un anno e mezzo, prima di avere i soldi”.
foto: giugno 1932, Londra: al lavoro per il censimento del 1931 (Fox Photos/Getty Images)