La marijuana bruciata in Messico
Le foto della grande piantagione estirpata e incendiata a Culiacán, capitale dello stato che ne produce di più in tutto il paese
Lunedì l’esercito messicano ha trovato una piantagione di marijuana a Los Algodones, vicino alla capitale dello stato di Sinaloa, Culiacán, e l’ha estirpata e bruciata. Durante le operazioni il generale Pedro Gurrola, comandante dell’esercito a Sinaloa, ha spiegato che le piante sono tutte inaridite e che quest’anno i soldati hanno scoperto una minor quantità di piantagioni rispetto agli anni precedenti. I coltivatori di marijuana, ha raccontato, stanno cercando di salvare le piante: «Cercano di adattarsi. Se trovano un ruscello o una pozza ci infilano pompe e tubi e coltivano più piante possibili».
In Messico la maggior parte della droga viene prodotta nello stato di Sinaloa, che si trova nella costa occidentale del Paese. In questa zona sono perennemente schierati 11mila soldati che cercano di contrastare i cartelli del Pacífico e di Beltrán Leyva, le principali famiglie di narcos che si contendono la produzione e il traffico di marijuana, metanfetamine e altre droghe sintetiche. Quest’anno la regione è stata colpita dalla più forte siccità degli ultimi 70 anni e anche le coltivazioni illegali di marijuana e di oppio si sono rovinate.
La crisi della marijuana non provoca però un indebolimento dei narcos, che puntano a produrre soprattutto droghe sintetiche, più veloci e facili da produrre e trasportare, oltre che economicamente molto più vantaggiose. Una tonnellata di marijuana infatti rende ai narcotrafficanti circa 230mila euro mentre una di metanfetamine arriva a quasi 18 milioni di euro. Negli ultimi tempi le autorità messicane hanno scoperto notevoli quantità di prodotti chimici usati per fabbricare droga e anche laboratori molto grandi e con attrezzi sofisticati. Soltanto a dicembre hanno sequestrato 675 tonnellate di una sostanza chimica che avrebbe permesso di preparare un’enorme quantità di droga.