La vita nel carcere di Trento
Il capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria lo definisce un "caso di eccellenza" nella disastrosa situazione delle carceri italiane
Nell’ambito delle rinnovate e solitamente sterili discussioni sulla preoccupante situazione delle carceri italiane, Franco Ionta, direttore del DAP (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria), ha dichiarato di nuovo oggi in un’intervista a Repubblica che un penitenziario italiano esempio «di eccellenza» è il nuovo carcere di Trento: una struttura moderna, inaugurata circa un anno fa, il 31 gennaio 2011. Si trova in località Spini di Gardolo e ha preso il posto del precedente, che si trova in via Pilati ed era sovraffollato e fatiscente.
Il penitenziario di Trento, costruito in 3 anni e 8 mesi, è classificato di “media sicurezza”, ossia è destinato a coloro che non devono scontare più di 5 anni di pena. Come riferisce il consigliere comunale di Trento del PD, Paolo Serra, che ha recentemente fatto visita alla struttura, i detenuti sono 260 (capienza massima), di cui il 70% circa stranieri e 30% italiani, mentre gli agenti in servizio sono 180, di cui 20 donne. Il carcere è strutturato principalmente in 8 sezioni, ciascuna delle quali composta da 15 stanze detentive da 2 posti ed è dotato di una caserma agenti e di circa 60 alloggi di servizio. Le celle, racconta Serra, sono pulite e piuttosto spaziose, ognuna con un bagno e un cucinino. La tv è incassata al muro e può essere vista fino alle 2 di notte. La direttrice del carcere si chiama Antonella Forgione.
La direttrice informa che il modulo di alfabetizzazione vede coinvolti circa 100 detenuti e vengono organizzati gruppi eterogenei. Le lezioni si svolgono dal lunedì al sabato dalle ore 8.30 – 12.00 tranne il mercoledì che vengono svolte nel pomeriggio.
Chiedo se il corso Sirio dell’istituto Pozzo è ancora attivato, la direttrice riferisce che è stato sospeso, ma è stato siglato un protocollo tra l’assessorato all’istruzione e la direzione del carcere per proseguire il percorso geometri Sirio. Il corso non è partito quest’anno, ma c’è tutta l’intenzione di riattivarlo. Inoltre ci sono attività formative con i corsi FSE, ci viene consegnato l’elenco delle iniziative di formazione (vedi allegato).
Il sottoscritto ha chiesto inoltre se i detenuti coinvolti nel percorso educativo alla mattina perdono il loro momento di aria. È stato assicurato che i detenuti non lo perdono, se hanno impegni lo possono recuperare nel pomeriggio. L’orario d’aria per i detenuti è dalle 9 alle 11 la mattina e il pomeriggio dalle 13.30 alle 15.30.
Parlando invece di lavoro affidato ai detenuti (vedi allegato) abbiamo appreso che esistono alcuni lavori avviati come assemblaggio curato dalla Caleidoscopio, in data odierna abbiamo visto circa 15 detenuti che confezionavano dosatori per il sapone, per questo lavoro prendono 2 euro all’ora e sono previste 3 ore a turno.
Ogni gruppo è formato da 15 persone. Ho chiesto se i detenuti sono coinvolti in lavori interni all’istituto come manutenzione, cucina, lavanderia, giardinaggio, ecc., su questo aspetto la direttrice ha detto di trovarsi con le spalle al muro considerato i pochi fondi che arrivano dallo Stato. Non hanno i soldi per pagare i detenuti in lavori all’interno dell’istituto di pena.
Ho chiesto se il taglio dell’erba all’interno dell’istituto fosse effettuato dai detenuti, ma anche in questo caso non avendo i soldi per pagarli e mancando anche l’attrezzatura ciò non è possibile, infatti abbiamo notato che l’erba è decisamente alta. Anzi mentre eravamo in visita al carcere all’esterno c’era una cooperativa inviata dal Comune che tagliava l’erba. La direttrice ha colto l’occasione per proporre al Comune la possibilità di prendere in carico il verde interno al penitenziario, tramite una ditta o cooperativa utilizzando però manodopera interna al carcere, in modo da dare lavoro ai detenuti.
Sarebbe opportuno creare un collegamento tra l’interno del penitenziario con l’esterno per valorizzare i detenuti. Cercare di creare una domanda ed una offerta tra le realtà artigiane della nostra provincia. Una maggiore relazione tra il penitenziario e l’agenzia lavoro per creare i presupposti di un coinvolgimento dei detenuti ed ex detenuti. Questo pensiero era condiviso dalla direttrice, attualmente ci sono solo 3 detenuti che utilizzano lo strumento di semi-libertà.
Come recentemente ha sottolineato Ionta, la caratteristica principale del nuovo carcere di Trento è l’alta tecnologia. La struttura è dotata di portoni automatici, i comandi per aprire e chiudere le porte vengono dati attraverso pannelli touch screen, ci sono diverse centrali di controllo altamente tecnologiche nel cortile ed è monitorata costantemente dalle telecamere di sicurezza. Dalla torretta si decide quando aprire e chiudere i corridoi, le celle, tutto viene monitorato in questo modo.
L’orario d’aria per i detenuti è dalle 9 alle 11 la mattina e il pomeriggio dalle 13.30 alle 15.30. La colazione, racconta Serra, consta di tè o caffèlatte con tre panini (vuoti). I detenuti spesso svolgono diverse attività lavorative retribuite (una lista si può leggere in questo documento). Tra le varie strutture, c’è una sala teatro da 211 posti, un’ampia sala computer per i detenuti, una biblioteca, una palestra, un campo da calcio («utilizzato solamente due volte alla settimana», dice Serra), spazi per i bambini figli di detenuti, una cappella cattolica degli uomini, una per le donne, nonché un’ampia sala per i credenti di religione diversa da quella cattolica. Recentemente, è stata istituita anche la cosiddetta “pet therapy”, ossia una terapia basata sull’interazione uomo-animale, per aiutare i tossicodipendenti a disintossicarsi.
Cosa dire per finire, possiamo notare l’impotenza delle istituzioni di fronte alla mancanza di fondi da destinare al recupero del detenuto avvicinandolo al mondo del lavoro. Le statistiche nazionali pongono in evidenza chiaramente che se un detenuto è impegnato nel lavoro o nello studio ha poche possibilità poi nel futuro di rientrare in carcere, se vogliamo ottenere il recupero bisogna investire sulle persone.
Abbiamo una struttura decorosa, un bel edificio, ma senza o poca anima, non basta avere i portoni automatici, il Touch Screem per dare i comandi per aprire e chiudere le porte, oppure una sala PC, forse serve meno tecnologia e più sensibilità umana da parte di tutti.
Ultima cosa la direttrice ci riferisce che il Comune contribuisce con 5 mila euro all’anno, sono fondi che vengono utilizzati come incentivo ai detenuti che concludono un ciclo di formazione, si riuscirà a finanziare ancora?
Ci viene segnalato il problema relativo agli arresti di 24/48 ore che creano un aggravio di lavoro all’interno del carcere, mentre la soluzione potrebbe essere quella di collocare le persone in stato di fermo nelle celle del commissariato.
Alla fine della visita, si rimane colpiti dall’organizzazione e dalle efficienze elettroniche, ma allo stesso tempo mi domando se possiamo aiutare maggiormente i detenuti considerando che la maggioranza sono giovani verso i quali dovremmo dare qualche aspettativa per il futuro.
(foto tratta da Valle dei laghi)