Il doppio incarico del ministro Profumo
Gian Antonio Stella sul Corriere chiede al ministro dell'Istruzione di lasciare la presidenza del CNR (come è giusto e come dice la legge)
Francesco Profumo, ministro dell’Istruzione, è anche presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Il ministro si è autosospeso dal secondo incarico e ha chiesto all’Antitrust se le due cariche sono incompatibili. Gian Antonio Stella sul Corriere di oggi scrive che il ministro avrebbe fatto “un bel gesto” a dimettersi subito (anche perché la legge sul tema è piuttosto chiara).
Immaginate il figurone che avrebbe fatto, dando le dimissioni subito. Coro di elogi: finalmente uno che non ci prova neanche a tenere i piedi in due scarpe! Non lo ha fatto, purtroppo. Anzi, ha chiesto all’Antitrust: devo proprio lasciare la presidenza del Cnr? Così, giorno dopo giorno, il ministro Francesco Profumo ha finito per dar l’impressione, gli piaccia o no, di volersi tenere quella sedia di riserva. Come si tiene di riserva la «morosa vecia», non si sa mai, in attesa di vedere come va la nuova.
La legge 193 del 2004, in realtà, pare chiara. All’articolo 2 dice che «il titolare di cariche di governo, nello svolgimento del proprio incarico, non può (…) ricoprire cariche o uffici o svolgere altre funzioni comunque denominate in enti di diritto pubblico». E gli dà, all’articolo 5, scadenze precise: «entro trenta giorni dall’assunzione della carica di governo, il titolare dichiara all’Autorità garante della concorrenza e del mercato (…) le situazioni di incompatibilità». Dopo di che, se proprio ci fosse qualche dubbio interpretativo, «entro i trenta giorni successivi al ricevimento delle dichiarazioni di cui al presente articolo, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato e l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni provvedono agli accertamenti…» eccetera eccetera.
Profumo, accolto con dichiarazioni di pubblica stima da una larga parte del mondo della politica, della scuola e dell’università, ha giurato in Quirinale il 16 novembre. I primi 30 giorni sono scaduti il 16 dicembre, i secondi 30 giorni il 15 gennaio. Da allora ne sono passati un’altra decina. Senza che venisse fatta chiarezza.
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foto: Federico Tardito/LaPresse