Che cosa succede in Romania
Perché da dieci giorni si protesta a Bucarest e nelle altre città, dove negli ultimi anni la vita è diventata sempre più complicata
Il primo ministro della Romania, Emil Boc, ha licenziato ieri il suo ministro degli Esteri, Teodor Baconschi, a causa delle sue dichiarazioni sui manifestanti che da dieci giorni contestano in piazza l’attività del governo. Baconschi aveva detto che i manifestanti sono «accattoni violenti e inetti», paragonandoli ai minatori degli anni Novanta le cui manifestazioni diventavano spesso rivolte violente. Negli ultimi giorni a Bucarest alcuni gruppi di manifestanti hanno più volte lanciato pietre e bombe molotov contro le forze dell’ordine. La decisione di Boc di liberarsi del ministro degli Esteri si deve al tentativo di venire incontro ai manifestanti e placare le proteste che vanno avanti da più di una settimana: anche oggi a Bucarest migliaia di persone stanno chiedendo le dimissioni del capo del governo e le elezioni anticipate.
Capire la Romania
La Romania è una repubblica semipresidenziale. Adotta un sistema democratico dalla fine del regime di Nicolae Ceausescu, nel 1989, è entrata nella NATO nel 2004 e nell’Unione Europea nel 2007. Il presidente rumeno in questo momento è Traian Băsescu, politico di centrodestra eletto per un secondo mandato nel 2009. Il primo ministro è Emil Boc, dello stesso partito di Băsescu, eletto nel 2008.
La Romania attraversa un periodo particolarmente delicato e difficile. Dopo una crescita molto positiva nei primi anni del decennio, la crisi finanziaria del 2008 ha portato a una grossa contrazione dell’economia (del 7 per cento nel 2009 e dell’1,3 per cento nel 2010) e a una pesantissima recessione. Nel 2009 lo Stato aveva sottoscritto con il Fondo Monetario Internazionale un prestito da due anni per 27,5 miliardi di euro, allo scopo di ridurre il debito e rilanciare la ripresa economica. Nel frattempo il governo, soprattutto nel 2010, ha varato misure di austerità e tagli crescenti: gli stipendi dei dipendenti pubblici sono stati ridotti di un quarto, le tasse sono state aumentate e l’IVA è salita dal 19 al 24 per cento. La disoccupazione è ferma al 5,1 per cento, ma secondo alcuni analisti il dato è incompleto perché non comprende coloro che non ricevono più il sussidio di disoccupazione ma non hanno ancora un lavoro. Il livello di corruzione nel paese, intanto, è rimasto molto alto (la Romania è il terzo paese europeo più corrotto, secondo l’UE) e tutti questi fattori hanno composto nel tempo un quadro sociale di grande disuguaglianza e ingiustizia. Il tutto in un contesto nazionale in cui solo 6,7 milioni di persone pagano le tasse (ma alcuni dicono addirittura 5), su 21,5 milioni di abitanti.
La sanità in Romania
Lo stato del sistema sanitario è probabilmente il più grave dei problemi del paese. Malfinanziato e a corto di personale, il sistema sanitario nazionale soffre innanzitutto l’assenza di strutture ospedaliere moderne, trovandosi invece a dover gestire la costosa manutenzione di edifici fatiscenti. Il costo dei rimborsi dei farmaci cresce molto – nel 2011 lo Stato ha dovuto pagare quattro volte di più di quanto aveva pagato nel 2007 – e secondo molti analisti questo si deve principalmente alla corruzione e alla cattiva amministrazione. Molti osservatori mettono tra le cause della corruzione anche i bassi stipendi dei medici. Accanto al sistema statale, poi, convive un sistema privato in parte regolare e costoso, in parte clandestino e composto da persone che esercitano la professione di medico senza adeguate licenze.
Le proposte di riforma
Alla base delle manifestazioni di questi giorni c’è proprio una proposta di riforma del sistema sanitario, promossa dal governo, che darebbe agli operatori privati un ruolo centrale. La legge avrebbe dato la possibilità ad aziende private di costruire e gestire strutture ospedaliere e di fatto sostituirsi allo Stato. Secondo il governo questo potrebbe limitare sensibilmente il livello di corruzione del sistema, mentre secondo l’opposizione farebbe aumentare i costi della sanità rendendo le strutture private inaccessibili alla maggior parte dei cittadini. Le manifestazioni contro la riforma sanitaria si sono quindi innestate in un quadro già molto delicato e hanno intercettato il consenso delle molte persone in sofferenza per le attuali condizioni del paese. Le proteste vanno avanti da 10 giorni: sono state per la grandissima parte pacifiche, sebbene in certi momenti alcuni gruppi più violenti, come diverse fazioni di ultras delle squadre di calcio della capitale Bucarest, si sono scontrati con la polizia. Il governo ha fatto capire di essere pronto a rimettere le mani sul progetto di legge venendo incontro ai manifestanti, ma questo non ha fermato le proteste.
Le elezioni
A rendere il quadro politico ancora più incerto ci sono le imminenti elezioni. Il prossimo 30 novembre gli elettori rumeni saranno chiamati a rinnovare i 137 seggi del Senato e i 334 seggi della Camera. Oggi la maggioranza dei seggi è in mano al centrodestra di Băsescu e Boc, ma secondo i sondaggi il centrosinistra è in grande vantaggio (secondo un sondaggio del 18 gennaio sarebbe avanti di quasi 30 punti sul partito liberal-democratico al governo) e se si votasse oggi conquisterebbe certamente la maggioranza relativa dei seggi, forse anche la maggioranza assoluta. L’opposizione si è detta disponibile a lavorare col Fondo Monetario Internazionale e l’Unione Europea per ridurre il debito del paese ma è molto fragile e litigiosa, e gli osservatori internazionali sono scettici riguardo alle sue possibilità di muoversi in modo compatto dovesse eventualmente diventare maggioranza.
foto: AP/Vadim Ghirda