Gli scioperi contro le liberalizzazioni
Cominciano i taxi, oggi, poi sarà la volta di autotrasportatori, ferrovieri, farmacisti, avvocati e benzinai
Oggi scioperano i tassisti, dalle 8 alle 22, dopo giorni di interruzioni del servizio non autorizzate in molte città italiane. Ai tassisti seguiranno altre categorie, in agitazione per quello che c’è – o quello che non c’è – nel decreto legge sulle liberalizzazioni varato dal governo.
Le liberalizzazioni alla prova della piazza. Comincia lunedì una lunga serie di agitazioni indette dalle categorie colpite dai provvedimenti varati dal Consiglio del ministri. In mezzo altre agitazioni che toccano ferrovieri ed autotrasportatori. Ad aprire le danze saranno i tassisti che hanno deciso di non rinunciare alle maniere forti. Le auto bianche hanno confermato lo stop dalle 8.00 alle 22.00 in tutte le città italiane. I tassisti chiedono un nuovo incontro con il governo per discutere della licenza part-time e dell’Authority delle reti, incaricata di decidere proprio sull’assegnazione delle licenze. Allo sciopero non partecipa Confartigianato Taxi.
CALENDARIO DI AGITAZIONI – A partire dal 23 gennaio sarà il turno degli autotrasportatori di Trasporto Unito che si fermeranno per ben 5 giorni, giudicando insufficienti le misure per trimestralizzare il recupero di una parte delle accise sui carburanti. Il 27 toccherà ai ferrovieri. L’agitazione è stata proclamata dall’Orsa per protestare contro quello che viene considerato «un attacco al lavoro» ovvero la cancellazione dell’obbligo di applicare il contratto nazionale di settore. Sul piede di guerra ci sono poi i farmacisti che, nonostante il passo indietro del governo sui farmaci di fascia C, hanno annunciato per il primo febbraio la chiusura dei punti vendita «se il Parlamento non modificherà il testo del decreto». Federfarma è favorevole a nuove aperture pari ad un massimo del 10% del totale delle farmacie esistenti e rifiuta la prospettiva di un aumento dell’attuale numero fino a un massimo di 7.000 esercizi in più. Gli avvocati hanno invece proclamato sette giorni di sciopero. Il primi due sono già stati fissati per il 23 e il 24 febbraio e si dicono pronti anche a cortei e sit-in davanti al Parlamento e a Palazzo Chigi. A chiudere la lista delle categorie in fermento ci sono i benzinai che hanno proclamato 10 giorni di agitazione ancora da definire. Il fronte dei gestori è al momento spaccato. La Figisc Confcommercio è stata la prima a minacciare 7 giorni di serrata, ma è pronta a revocarli, mentre Faib e Fegica hanno confermato i 10 giorni di fermo in attesa di vedere il testo definitivo del decreto. In questo caso però la Fegica non lamenta un eccesso di liberalizzazioni, ma una carenza, perché il decreto sarebbe troppo «rispettoso» delle esigenze dei petrolieri.