Una Rai divisa in due
Pagare col canone solo i canali di servizio pubblico (che paghino tutti), e sostenere gli altri con la pubblicità, propone Giorgio Gori
Il Corriere della Sera pubblica oggi una proposta sulla Rai scritta da Giorgio Gori, produttore televisivo che ha di recente lasciato la sua società Magnolia e sta collaborando ai progetti politici di Matteo Renzi.
Il Presidente Monti ha detto che il Governo si occuperà presto della Rai. Ce n’è bisogno, e non solo per l’allarme dettato dalla situazione finanziaria dell’azienda. La prima necessità è infatti quella di restituire alla Tv di Stato la dovuta autonomia rispetto all’influenza dei partiti.
Si tratta per questo di riformare la governance dell’azienda. Il modello a cui propongo di guardare è quello della BBC: un’autorità super partes (là la regina, qui il Capo dello Stato) nomina un Trust con funzioni di indirizzo e controllo, e questo seleziona i (pochi) manager che compongono il Comitato esecutivo, guidato da un Amministratore delegato con ampi poteri.
I problemi però sono anche altri, e rimandano alla stessa ambigua natura della Rai, sospesa tra Servizio Pubblico e attività prettamente commerciali. Negli ultimi anni si è discusso di diverse ipotesi di riordinamento, tra sostenitori della rinuncia ad ogni tipo di ricavo pubblicitario – per una tv pubblica non condizionata da logiche commerciali – e sostenitori della totale privatizzazione dell’azienda. Il fatto nuovo è rappresentato dal passaggio al digitale terrestre, che consente oggi alla Rai di trasmettere ben 15 canali tv.
(continua a leggere sulla rassegna stampa Treccani)