I 9 film stranieri candidati all’Oscar
Quattro sono europei, ci sono Wim Wenders e l'iraniano che ha vinto ai Golden Globes
L’Academy ha comunicato mercoledì sera la lista dei 9 titoli ancora in gara per il premio Oscar come miglior film straniero. Tra questi verranno scelti i cinque candidati ufficiali che saranno annunciati, con le altre nomination, durante una cerimonia martedì 24 gennaio alle 17,30 ora locale (le 2,30 di mercoledì in Italia). Gli Oscar saranno assegnati domenica 26 febbraio. Dalla lista iniziale di 63 titoli sono stati esclusi, tra gli altri, il vincitore del Premio del Pubblico al Festival di Toronto “Et maintenant, on va où?” della libanese Nadine Labaki, “Once Upon a Time in Anatolia” del turco Nuri Bilge Ceylan premiato dalla Giuria di Cannes e “Le Havre” (in italiano “Miracolo a Le Havre”) di Aki Kaurismaki. E “Terraferma”, il film di Emanuele Crialese che rappresentava l’Italia e che era stato premiato dalla Giuria di Venezia nel 2011. È dalla candidatura del 2006 di Cristina Comencini con “La bestia nel cuore” che nessun film italiano è in gara per gli Oscar. L’ultimo Oscar vinto da un film italiano risale al 1999 quando Roberto Benigni ritirò dalle mani di Sofia Loren il premio per “La vita è bella”.
I film confermati dall’Academy sono:
“Bullhead” di Michael R. Roskam (Belgio): un uomo che traffica ormoni del bestiame e che fa parte della mafia belga si ritrova a dover ricordare gli incubi del suo passato e ad incontrare chi gli ha rovinato per sempre la vita.
“Monsieur Lazhar” di Philippe Falardeau (Canada): adattato dalla pièce teatrale dell’autrice canadese Évelyne de la Chenelière, Bachir Lazar è un immigrato algerino che viene assunto come maestro elementare al posto di una collega che si è impiccata nell’aula in cui insegnava. Ai bambini viene impedito di parlare di quanto accaduto, nella speranza che il silenzio e il tempo li possano guarire. Il nuovo maestro, tormentato dalla paura di essere espulso e da un passato doloroso, non è però della stessa idea.
“Superclásico” di Ole Christian Madsen (Danimarca): Christian, propietario di un negozio di vini a Copenaghen, è separato dalla moglie Anna, un’agente sportiva che è emigrata in Argentina con il nuovo compagno calciatore. La notizia che lei sta per risposarsi spinge Christian a prendere un aereo per cercare di riconquistarla.
“Pina” di Wim Wenders (Germania): il documentario era nato da un’idea di collaborazione tra il regista e Pina Bausch, amici sin dagli anni Settanta. Il lavoro fu interrotto nel 2009 quando il 30 giugno la Bausch morì. Wenders trasformò il film in un ricordo e omaggio alla coreografa del Tanztheater Wuppertal.
“A Separation” di Asghar Farhadi (Iran): vincitore come miglior film straniero ai Golden Globe racconta la storia di Nader e Simin, una coppia che ha ottenuto il visto per lasciare l’Iran. Nader si rifiuta di partire e abbandonare il padre malato, Simin vuole chiedere il divorzio per partire lo stesso con la figlia e nel frattempo torna a vivere da sua madre. Nader assume una donna che lo aiuti a curare il padre, non sapendo che è incinta e che sta lavorando senza il permesso del marito.
“Footnote” di Joseph Cedar (Israele): un padre (Eliezer) e un figlio (Uriel) sono entrambi professori alla Hebrew University e vogliono aggiudicarsi il prestigioso Premio Israele. Uriel fa di tutto perché vinca il padre e così sembra quando a Eliezer viene notificata l’imminente attribuzione. Ma c’è un errore: una segretaria distratta ha fatto confusione e il vincitore è Uriel. A partire da quel momento, i rapporti tra i due si fanno complicati.
“Omar Killed Me” di Roschdy Zem (Marocco): il cadavere di una donna viene ritrovato nella cantina della sua villa a Mougins. Una frase scritta con il sangue della vittima accusa: “Omar mi ha uccisa”. Qualche giorno dopo Omar Raddad, giardiniere marocchino della donna, viene incarcerato nonostante una completa mancanza di prove e viene condannato per l’omicidio a diciotto anni di carcere.
“In Darkness” di Agnieszka Holland (Polonia): Leopold Socha, operaio addetto alle fogne, vive in una città polacca occupata dai nazisti. Un giorno, l’uomo incontra un gruppo di ebrei che tenta di fuggire dal ghetto. Socha accetta di nasconderli solo in cambio di soldi, diventando poi un loro fedele amico e alleato.
“Warriors of the Rainbow: Seediq Bale” di Wei Te-sheng (Taiwan): tra il 1895 e il 1945 Taiwan era una colonia giapponese abitata dai cinesi e anche dai discendenti delle tribù aborigene che per prime si erano stabilite nell’isola. Nel 1930 Mouna Rudo, leader di una delle tribù, formò una coalizione per organizzare una rivolta contro i coloni giapponesi che scoppiò durante una celebrazione sportiva. I giapponesi inviarono ben presto l’esercito per fermare l’insurrezione, con l’aiuto dell’aviazione e di gas velenosi.