La Grecia prova a evitare il fallimento
Sono ripresi oggi i negoziati del governo con i creditori privati del paese: il prossimo 20 marzo scadranno 14,5 miliardi di euro di titoli di stato
Oggi ricominciano i negoziati tra il governo greco e i creditori privati per provare a trovare un accordo su una cosiddetta “ristrutturazione” del debito pubblico greco, una mossa che è indispensabile per evitare che lo stato colpito dalla crisi debba dichiarare il fallimento (in inglese default).
L’obbiettivo è trovare un accordo con i creditori, che dovrebbero accettare di scambiare i titoli di stato in loro possesso con altri a condizioni per loro più sfavorevoli (il cosiddetto haircut): a scadenza molto rinviata, probabilmente a 20 o 30 anni, e con un valore nominale molto diminuito, probabilmente della metà, con l’obbiettivo per il governo ridurre il peso del debito pubblico al 120% del PIL entro il 2020. Gli investitori, in cambio, potrebbero ottenere in tempi molto brevi un totale di circa 30 miliardi di euro da parte del governo greco, e avrebbero l’interesse a sottoscrivere l’accordo è che in caso di default riceverebbero molto di meno o nulla. Il punto principale di cui si discute sono gli interessi che saranno garantiti dai nuovi titoli di stato, che il governo greco vorrebbe mantenere il più basso possibile mentre gli investitori cercano di alzare.
Il 20 marzo 2012, infatti, il governo greco dovrà affrontare la scadenza di 14,4 miliardi di euro di titoli di stato, e secondo gli esperti non sarà in grado di trovare il denaro, dato che una stima del Fondo Monetario Internazionale indicava che a ottobre il ministero delle finanze aveva in cassa solo 11 miliardi di euro. Già a novembre dello scorso anno, il governo aveva avviato una trattativa con 32 creditori privati (riuniti nella sigla Private Sector Involvement), come le banche e i grandi fondi di investimento, che possiedono in totale circa 200 miliardi di euro di titoli di stato greci (il cui valore totale in circolazione è di più di 350 miliardi). Al negoziato partecipano anche il fondo monetario internazionale e l’Unione Europea. Al successo dei negoziati con il settore privato, infatti, è subordinato il nuovo prestito di 130 miliardi di euro dell’UE alla Grecia, secondo quanto era stato stabilito nell’accordo di Bruxelles del 27 ottobre scorso.
Il 13 gennaio i negoziati si erano interrotti, per riprendere solo oggi con la presenza del primo ministro greco Lucas Papademos e del ministro delle finanze Evangelos Venizelos. Papademos si è detto fiducioso che i negoziati si concluderanno positivamente entro le prossime due o tre settimane.
Se non si raggiungerà un accordo “volontario”, ovvero sottoscritto con l’accordo degli investitori, il governo sarà costretto a dichiarare unilateralmente di non essere in grado di ripagare i propri debiti: si tratterebbe di un cosiddetto “default disordinato”. In quel caso, le conseguenze sarebbero molto probabilmente pesanti per l’intero settore finanziario, dato che entrerebbe in gioco un tipo di strumento finanziario chiamato credit default swap: una sorta di “assicurazione” contro il fallimento di un debitore (in questo caso uno stato) che ripaga chi li sottoscrive solo in caso di mancato pagamento del prestito. Quando la banca statunitense Lehman Brothers fallì nel 2008, molti investitori ebbero paura che il pagamento di tutti i 400 miliardi di CDS legati alla banca avrebbe avuto effetti drammatici sul mercato. Ma le norme che regolano i CDS sono complesse, dipendendo dal “modo” in cui il debitore fallisce, e solo una frazione di quella cifra venne effettivamente pagata.
foto: ARIS MESSINIS/AFP/Getty Images