Il downgrade di ieri, in 5 punti
Standard & Poor's ha abbassato il rating di nove paesi europei, compreso il nostro: che cosa significa e che effetti avrà sull'economia
Anticipata da molte voci che sono proseguite per tutto il pomeriggio, l’agenzia di rating Standard & Poor’s ha annunciato ieri sera (dopo la chiusura delle borse europee) alcune revisioni al ribasso delle stime di rischio per i debiti sovrani europei. La più importante è la perdita della valutazione massima (AAA) da parte della Francia, mentre la valutazione dell’Italia è stata abbassata di due livelli, da A a BBB+.
1. Che cosa è successo
L’agenzia di rating Standard & Poor’s ha abbassato ieri la valutazione di rischio (rating) del debito pubblico di nove paesi europei. La mossa, almeno in parte, era attesa da tempo: S&P aveva annunciato il 6 dicembre 2011 di aver messo 15 paesi della zona euro in “CreditWatch negativo”, ovvero di aver avviato una procedura di revisione della valutazione del rischio, che dura fino a un massimo di tre mesi e in oltre la metà dei casi si conclude con un abbassamento della valutazione (il cosiddetto downgrade). Altri paesi erano già sotto osservazione.
Queste sono state le modifiche di rating e gli outlook (ovvero le previsioni sulla situazione futura):
– Austria: da AAA a AA+
– Cipro: da BBB a BB+
– Francia: da AAA a AA+
– Italia: da A a BBB+
– Malta: da A a A-
– Portogallo: da BBB- a BB
– Slovacchia: da A+ a A
– Slovenia: da AA- a A+
– Spagna: da AA- a A
Tutti i paesi hanno ricevuto anche un outlook negativo. S&P ha deciso di mantenere invariati i rating di Finlandia, Germania, Lussemburgo, Olanda (tutti AAA), Belgio (AA), Estonia (AA-), Irlanda (BBB+),
S&P aveva già abbassato la valutazione del debito sovrano italiano da A+ ad A lo scorso 20 settembre (allora con valutazioni molto critiche sul governo Berlusconi). Moody’s aveva fatto lo stesso il 4 ottobre, portando la valutazione da A2 a Aa2. La Francia, invece, era fino a ieri uno dei diciotto paesi che avevano la valutazione di “tripla A”, il più alto, ma di una possibile revisione verso il basso della sua valutazione si parlava almeno dall’estate scorsa. Dei sei Stati europei che adottano l’euro e avevano la tripla A – oltre alla Francia, Austria, Finlandia, Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi – la Francia ha il rapporto più alto tra deficit e PIL e tra debito e PIL.
2. Che cosa significa
Le agenzie di rating sono società private che, al termine di studi e ricerche, forniscono giudizi – rating, appunto – su titoli obbligazionari e imprese. Questi giudizi fanno riferimento all’affidabilità degli investimenti: un rating basso corrisponde a un rischio più alto e viceversa. Le loro valutazioni sono utilizzate sia dagli investitori sia dai governi e dalle istituzioni (anche se dopo le critiche degli ultimi mesi il loro ruolo è stato ridimensionato), in modi molto differenti.
Le istituzioni si basano a volte sui giudizi delle agenzie di rating per decidere, ad esempio, le garanzie che devono essere date dalle società per operare sul mercato finanziario (più alto il rischio, più alte le garanzie). Gli stati sovrani, se hanno un rating molto basso (BB o inferiore per S&P, cosiddetto non-investment grade), non possono sperare di vendere i loro titoli di stato e non tengono neppure le aste (è il caso, ad esempio, di molti paesi africani). Gli investitori, invece, si basano anche sulle agenzie di rating per decidere dove mettere i loro soldi. Prendiamo l’esempio di un fondo pensionistico canadese, che gestisce milioni di dollari di risparmi: vedendo che il rating del debito pubblico italiano è calato a BBB+, possono decidere di investire in altri titoli invece che nei BTp italiani.
3. Chi sono quelli di Standard & Poor’s
Esistono diverse agenzie di rating e la gran parte di queste si occupano di declassare o promuovere i titoli delle società quotate in borsa. Ce ne sono tre, però, che fanno la stessa cosa con i titoli di Stato. Sono le tre agenzie di rating più grosse e influenti e i loro nomi ci sono familiari: Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch Ratings. Insieme, vengono definite le Tre Grandi, le Big Three. Standard & Poor’s è l’erede di una società fondata a metà dell’Ottocento, ha la sua sede principale a New York e impiega circa diecimila persone in diversi uffici distaccati in tutto il mondo.
Anche Moody’s è statunitense, e spesso i suoi abbassamenti di valutazione sono andati insieme a quelli di S&P. Fitch, invece, ha sede a Parigi, e ha già annunciato che per tutto il 2012 non rivedrà al ribasso la valutazione del debito francese.
4. Che cosa può succedere adesso
La decisione era attesa e viene in un momento in cui la sfiducia degli investitori verso la situazione economica europea è alta da diverse settimane. È facile che il downgrade di S&P abbia un effetto negativo sui mercati, alla riapertura delle borse di lunedì prossimo: ma l’agenzia di rating ha certificato una situazione e delle preoccupazioni (ad esempio sui conti pubblici francesi) che erano noti da tempo. Una delle critiche al meccanismo delle agenzie di rating, comunque, è che queste intervengano con ritardo in un momento di crisi “certificando” la crisi e con l’effetto di diminuire la fiducia degli investitori, aggravando la situazione difficile: una sorta di profezia auto-avverante.
Piuttosto, sarà importante vedere quale valutazione del rischio verrà assegnata ai titoli dei fondi salva-stati europei, come l’EFSF: se non avrà la “tripla A” (la procedura di revisione è in corso in queste settimane da parte delle agenzie di rating), gli interventi di salvataggio diventeranno molto più costosi e molto meno efficaci.
5. Le reazioni
Diversi esponenti dei governi europei hanno cercato di ridimensionare l’importanza dell’abbassamento della valutazione, come il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäuble (che ha invitato a “non sovrastimare” le decisioni delle agenzie di rating e ha ribadito la fiducia nella Francia e nell’Austria). L’opposizione francese del partito socialista francese ha attaccato duramente Sarkozy, dicendo che il declassamento è una sua sconfitta.
Ma parallelamente è ricominciata la critica alle agenzie di rating, al loro funzionamento e a possibili condizionamenti della politica internazionale o degli interessi finanziari: l’editoriale di Massimo Gaggi sul Corriere della Sera, ad esempio, parla del downgrade recente come di “un giudizio con una larga componente politico-istituzionale da parte di un’agenzia di rating americana: cioè di un Paese da sempre scettico sul destino della moneta unica”.