Lo sciopero generale in Nigeria
Per il terzo giorno consecutivo in migliaia manifestano contro la fine dei sussidi governativi sui carburanti, mentre continuano gli scontri etnici
Da lunedì 9 gennaio è in corso in Nigeria uno sciopero generale in tutto il paese, con proteste che coinvolgono decine di migliaia di persone, contro la decisione del governo di eliminare i sussidi per gli importatori di carburante. La decisione, entrata in vigore dal primo gennaio, ha causato il raddoppio dei prezzi della benzina nell’arco di un solo giorno e immediate proteste sostenute dai sindacati e dai partiti di opposizione.
La Nigeria, un paese di oltre 160 milioni di abitanti (il settimo più popoloso del mondo), è la seconda economia più grande dell’Africa dopo il Sudafrica. Il governo ha detto che sfrutterà le maggiori entrate che vengono dall’abolizione dei sussidi, oltre 4,5 miliardi di euro l’anno, in strade, ferrovie e programmi contro la povertà, ma i sindacati hanno indetto uno sciopero generale a oltranza contro il governo guidato dal presidente Goodluck Jonathan. Lo sciopero e le proteste sono molto partecipate in particolare a Lagos, la maggiore città nigeriana, e nella capitale Abuja.
Quasi tutti i negozi e i locali rimangono chiusi, mentre le proteste hanno portato a scontri e vittime: secondo Reuters, la polizia ha ucciso due persone e ne ha ferite almeno altre dodici durante il primo giorno dello sciopero. In molte occasioni le forze di sicurezza hanno sparato in aria per disperdere la folla dei manifestanti.
Approfittando della situazione di caos, sono continuati gli scontri etnici nella zona centro-settentrionale del paese: membri del gruppo terrorista islamico Boko Haram, che è responsabile di avere organizzato violenti attentati nelle ultime settimane contro la comunità cristiana del paese, sono sospettati di aver aperto il fuoco martedì contro un locale pubblico nella città nordorientale di Potiskum, nello stato di Yoba, uccidendo 8 persone di cui 4 poliziotti. A Benin City, una folla di persone ha attaccato una moschea per rappresaglia e ha ucciso cinque persone, mentre migliaia di musulmani starebbero fuggendo dalle zone più a rischio di violenze.
Da parte sua, il governo di Jonathan, che ha fortemente voluto l’abolizione dei sussidi nonostante proteste simili avessero portato al ritiro del provvedimento in passato, non sembra intenzionato a cedere: martedì ha annunciato che i lavoratori pubblici che stanno scioperando non saranno pagati, dato che un tribunale ha deciso che non si tratta di uno sciopero legittimo.
La Nigeria è il maggior produttore di petrolio nel continente africano. Gran parte della sua produzione viene da piattaforme petrolifere lontane dalla costa, gestite da compagnie come Shell e Exxon con pochi addetti e impianti altamente automatizzati, spiega Reuters. La produzione di petrolio, esportato giornalmente per un valore di circa 200 milioni di dollari, non è stata ancora colpita dagli scioperi. Secondo gli economisti, continua Reuters, i sussidi erano motivo di sprechi e della corruzione endemica in Nigeria: arricchivano un numero ristretto di importatori e incoraggivano il contrabbando del carburante nei paesi confinanti come il Benin e il Camerun, dove la benzina è più costosa.
foto: AMINU ABUBAKAR/AFP/Getty Images