Sulla Scozia si apre una guerra politica
La decisione del governo Cameron di forzare la mano sulle pretese di indipendenza proponendo un referendum subito è stata respinta dal premier scozzese Salmond, e la questione è diventata centrale
Come era stato annunciato lunedì, il governo Cameron sta per presentare un documento sul contesto legale relativo a un eventuale referendum per l’indipendenza della Scozia, allegato a una proposta di tenere un referendum entro un anno o diciotto mesi. La proposta va solo apparentemente incontro alle intenzioni del Partito Nazionalista Scozzese al governo in Scozia – dove c’è una parziale autonomia – che invece è preoccupato di non essere in grado di ottenere la vittoria dei sì e quindi tentenna nel fissare una data e vorrebbe votare solo nel 2014, alla scadenza del mandato del premier scozzese Salmond, in coincidenza emotiva e simbolica con l’anniversario della storica battaglia di Bannockburn.
(La questione dell’indipendenza scozzese)
David Cameron ha deciso invece di forzare la mano, sostenendo che il clima di incertezza non aiuta nessuno e tantomeno i cittadini scozzesi, proponendo a Salmond che il parlamento scozzese decida se tenere un referendum subito una volta ottenuto l’avallo di quello di Londra. La risposta di Salmond è arrivata martedì sera, irritata e severa: e ha confermato l’intenzione di aspettare il 2014 e il diritto di decidere in autonomia sul referendum da parte del parlamento scozzese. Così la tensione generale è salita molto, come era prevedibile, e inopinatamente la questione scozzese è diventata centrale nel dibattito politico dopo anni in cui ribolliva sotto il coperchio di cose più impellenti, con un dibattito parlamentare ieri e il rischio di uno scontro costituzionale che arrivi davanti alla Corte Suprema.