Oggi si vota in New Hampshire
Le primarie di oggi serviranno soprattutto a una cosa: capire se Romney è davvero imbattibile
di Francesco Costa
Aver vinto in Iowa per soltanto otto voti su Rick Santorum è stato per Mitt Romney un segnale di forza. Vincere di dieci punti percentuali in New Hampshire potrebbe essere per Mitt Romney un segnale di debolezza. Intorno a questa contraddizione si gioca il risultato del voto di oggi in New Hampshire, il primo stato americano a votare alle primarie (quelli dell’Iowa erano caucus).
La vittoria in Iowa per Romney era stata importante perché fino a poche settimane fa l’ex governatore del Massachusetts non sembrava intenzionato a competere seriamente nello Stato, per via del suo elettorato storicamente vicino alla destra populista e religiosa. Romney aveva concentrato il grosso delle sue risorse sul New Hampshire, dal panorama politico a lui più congeniale, costruendosi nei mesi un vantaggio abissale nei sondaggi, che ha toccato i trenta punti di distacco dal candidato a lui più vicino. Soltanto le montagne russe in cui sono incorsi i candidati repubblicani, con le repentine ascese e discese nell’ordine di Bachmann, Perry, Cain, Gingrich e Paul, hanno portato alla fine Romney a un risultato significativo e parzialmente inaspettato anche in Iowa.
In New Hampshire, però, a Romney non basterà una vittoria di 8 voti: vincendo non farà nient’altro che il suo dovere, e sarà anzi il margine di vantaggio della vittoria a determinare il suo reale successo politico. A Romney serve un distacco di almeno dieci punti sul secondo classificato, per vendere il risultato come una vittoria alla stampa e all’opinione pubblica; una distacco più piccolo avrebbe probabilmente la conseguenza di mettere in discussione la sua annunciata superiorità organizzativa ed economica, rimettendo in gioco i suoi avversari.
(Guida alle primarie dei repubblicani)
Questa settimana di campagna elettorale per Romney è stata abbastanza complicata: domenica scorsa, durante un dibattito televisivo, i suoi avversari lo hanno molto criticato, risultando per la prima volta particolarmente efficaci nell’evidenziare le sue debolezze. Ieri, poi, durante un comizio, Mitt Romney è incorso in una frase infelice che gli è stata immediatamente rinfacciata. L’ex governatore del Massachusetts stava elogiando lo spirito della sua riforma sanitaria – quella accusata di essere molto simile a quella di Obama, come effettivamente è – discutendo dell’importanza per i cittadini di scegliere tra vari operatori e aziende, tra loro concorrenti. E quindi a un certo punto ha detto: «Io voglio avere la possibilità di licenziare chi mi fornisce un determinato servizio, se non ne sono soddisfatto». La frase è stata estrapolata dal suo contesto e molto criticata dai suoi avversari, facendo riferimento ai licenziamenti effettuati da Romney durante la sua carriera di manager nel settore privato.
(Chi sono i sei sfidanti di Obama)
Tra gli avversari di Romney, bisogna tenerne d’occhio soprattutto tre. Rick Santorum è arrivato praticamente pari con Romney, in Iowa, a fronte di strutture organizzative piuttosto deboli: nessuno si aspetta da lui un exploit, ma una tenuta sì. Lo stesso vale per Ron Paul e Newt Gingrich, e chi dei due dovesse crollare sarebbe messo sotto grande pressione nei prossimi stati, South Carolina e Florida. Il candidato da cui ci si attende un exploit stasera è invece Jon Huntsman, ex governatore dello Utah, che ha fatto campagna praticamente solo in New Hampshire ed è dato in grande rimonta: per rilanciare la sua candidatura, finora praticamente inosservata, ha bisogno di un secondo posto. Almeno. In New Hampshire si sta già votando. I seggi chiuderanno quando in Italia saranno più o meno le due del mattino.
foto: AP Photo/Matt Rourke