I giornali nell’era Monti
Un po' la crisi dei lettori, un po' il nuovo governo, la politica è sparita dai giornali italiani, rimpiazzata da contabilità pensionistiche e scenari bancari
Oggi su Europa Mario Lavia abbozza un ragionamento sulla trasformazione recente delle pagine di politica dei quotidiani italiani. I “retroscena” e i volatili chiacchiericci – che potevano sparire prima per più sane ragioni – sono stati affondati dalla “sobrietà” del nuovo governo e dalla volontà di non disturbarlo, e al loro posto – in assenza di temi e dibattiti politici più ampi e vari – sono arrivate gran paginate di conti, pensioni, prospettive bancarie, eccetera.
Domenica Repubblica ha dedicato le prime sei pagine agli approfondimenti economici, quelle successive alla grande cronaca e poi agli esteri. Questo, Repubblica: cioè il giornale più “politico” fra i grandi. Corriere della Sera e Stampa già da settimane sono fatti così. E non parliamo poi delSole 24 Ore che ha questa vocazione nel suo dna. È la crisi, bellezza. Domina le nostre esistenze, detta legge anche alla stampa.
Non vi sembra passato un secolo dalle paginate con le intercettazioni – ricordate quelle meravigliose frasi smozzicate, infarcite di errori sintattici e parolacce? – o i verbali di interrogatori, o le ricostruzioni delle seratine arcoriane a base di lap dance, infermiere varie e vecchi signori ? Oggi, no. Le paginate ci sono sempre, ma illuminano decreti e progetti, ospitano grafici e tabelle sul mitico spread o l’età pensionabile, la riforma degli Ordini o la liquidità delle banche. Roba fino a poco tempo fa indigeribile per il grande pubblico, confinata nelle pagine interne, quelle che il lettore medio salta(va), roba da addetti ai lavori. Leggi, commi, tabelle: ma li leggessero i commercialisti, i notai, i banchieri.
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