Il ritorno di Musharraf in Pakistan
Lui progetta di rientrare presto nel paese per fare politica, il ministro degli Interni ha detto che sarà arrestato appena metterà piede a Karachi
Pervez Musharraf, l’ex presidente del Pakistan, ha annunciato il suo ritorno nel paese alla fine di gennaio. Musharraf, 68 anni, ha governato il Pakistan dal 1999 al 2008 e dalle sue dimissioni vive all’estero, principalmente a Londra: ora dice di voler tornare in Pakistan per rilanciare la propria carriera politica e secondo diverse fonti, consultate da Al Jazeera, in questo momento starebbe cercando di ottenere assicurazioni sul fatto che una volta tornato nel paese non sia arrestato. Il ministro degli Interni pakistano ha detto ieri che Musharraf sarà arrestato non appena dovesse tornare nel paese. Musharraf ha da poco formato un nuovo partito, la All Pakistan Muslim League, e ha annunciato il suo ritorno nel paese rivolgendosi in collegamento telefonico da Dubai a circa 8.000 sostenitori radunati a Karachi.
L’annunciato ritorno di Musharraf sta agitando l’instabile panorama politico del Pakistan e le sue fragili istituzioni. Musharraf, ex generale dell’esercito, era arrivato al potere nel 1999 con un colpo di Stato ai danni dell’allora primo ministro Nawaz Sharif, in conseguenza del quale il paese fu escluso dal Commonwealth. Il suo governo fu una dittatura, genericamente sul modello di quelle nordafricane: accentramento di grandi poteri al presidente, brogli elettorali, vasta corruzione, buoni rapporti con l’Occidente basati su garanzie – a dire il vero poco solide – di lotta al terrorismo e all’estremismo islamico. La fine del suo regime arrivò dopo un periodo di progressivo sgretolamento. Alle elezioni del 2008 la sua principale sfidante doveva essere Benazir Bhutto, ex primo ministro e sua grande contestatrice, che però fu uccisa da un attentato il 27 dicembre del 2007. Pochi mesi prima Musharraf aveva lasciato l’esercito e aveva dichiarato lo stato di emergenza, sospendendo la Costituzione, sostituendo il capo della Corte Suprema e arrestandone tutti i giudici, occupando le sedi di radio e televisioni. Le elezioni del 2008 videro la vittoria del partito avversario di Musharraf e l’ascesa di Raza Gillani come primo ministro, incarico che ricopre tutt’ora. Musharraf si dimise il 18 agosto del 2008.
In questi anni un tribunale pakistano ha emesso un mandato d’arresto nei confronti di Musharraf nell’ambito dell’indagine sull’attentato che uccise Benazir Bhutto, con l’accusa di non aver provveduto adeguatamente alla sicurezza dell’allora leader dell’opposizione. Musharraf ha sempre dichiarato di non avere nulla a che fare con la morte di Bhutto. L’ex presidente del Pakistan è inoltre accusato di violazione della Costituzione e complicità nell’omicidio di un leader separatista del Belucistan.
Musharraf intanto ha già ricominciato a fare politica, seppure dall’estero. L’ex presidente pakistano si è detto pentito di aver garantito l’impunità attraverso l’amnistia a decine di politici e funzionari colpevoli di corruzione, riciclaggio di denaro, omicidio e terrorismo a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta. La decisione venne presa nel 2007 con la cosiddetta NRO, “Ordinanza per la Riconciliazione Nazionale”, ed è stata dichiarata incostituzionale dalla Corte Suprema del Pakistan nel 2009.
La ragione fondamentale per cui si teme un ritorno di Musharraf in Pakistan è il rischio che questo possa acuire le tensioni già esistenti tra la classe politica e l’esercito, peraltro già accusato negli ultimi mesi di vicinanza con gruppi terroristi. Musharraf infatti ha mantenuto molti dei suoi legami militari e un suo eventuale probabile arresto potrebbe avere pesanti conseguenze. L’attuale presidente pakistano, Ali Zardari, marito di Benazir Bhutto, è già oggi malvisto da parte dei militari per via di un presunto documento segreto inviato a Washington nel quale avrebbe cercato sostegno per difendersi da un imminente colpo di Stato ai suoi danni.
foto: AP Photo/Kirsty Wigglesworth