La busta paga dei parlamentari, ancora
La commissione Giovannini dice che un deputato guadagna 16mila euro, la Camera dice che in realtà sono 5mila: chi ha ragione?
Ieri la cosiddetta “commissione Giovannini”, dal nome del presidente dell’ISTAT che la presiede, ha consegnato il proprio rapporto conclusivo ammettendo di non essere riuscita a calcolare una media affidabile delle retribuzioni dei parlamentari nei paesi che adottano l’euro per confrontarle con quelle dei nostri politici. Il compito era stato affidato alla commissione dal governo Berlusconi, allo scopo di provare a ridurre lo stipendio dei parlamentari italiani. Oltre ad ammettere l’impossibilità di svolgere un simile compito, nel documento la commissione spiega che mediamente un parlamentare italiano percepisce al mese una cifra pari a 11mila euro al netto (16mila euro al lordo). Il dato è stato ripreso ieri da molti quotidiani, che in alcuni casi hanno parlato di emolumenti sopra la media europea e dell’ennesimo scandalo della “casta”, tanto da spingere l’ufficio stampa della Camera a diffondere un comunicato per ricordare che il dato della commissione è indicato al lordo delle ritenute. Fatti i calcoli, spiegano a Montecitorio, lo stipendio diventa pari a circa 5mila euro. Ma chi ha davvero ragione?
Ricostruire quanto denaro percepisce ogni mese un parlamentare non è semplice perché nella busta paga ci sono diverse voci con rimborsi e compensazioni. Il dato dei 5mila euro di cui parla Montecitorio è riferito all’indennità, che in genere però rappresenta solo una parte (e nemmeno la più consistente) di quanto riceve un parlamentare. Sul sito della Camera c’è un’intera sezione dedicata al trattamento economico dei parlamentari e, in effetti, la somma delle diverse voci porta a una cifra che si avvicina molto di più agli 11mila euro indicati dalla commissione Giovannini.
Dopo gli aggiustamenti effettuati nel corso del 2011, l’indennità parlamentare mensile lorda è pari a circa 11.281 euro. Da questa cifra devono essere sottratti 3.719 euro di ritenuta fiscale, 1.000 euro per l’assegno vitalizio, 784 euro di ritenute previdenziali e 526 euro per le ritenute assistenziali. Al netto di tutto questo, l’indennità mensile è quindi pari a 5.246,97 euro. L’indennità è prevista dalla Costituzione (articolo 69) ed è calcolata in modo tale che non superi il trattamento economico complessivo lordo dei magistrati di Cassazione su base annua.
L’indennità netta può ulteriormente diminuire di circa 200 euro per i deputati che svolgono anche un’altra attività lavorativa. Ci sono poi da calcolare le imposte addizionali regionali e comunali, che variano a seconda del luogo di provenienza del deputato. Mediamente la riduzione è pari a 250 euro, quindi a conti fatti al deputato restano tra i 5mila e i 4.800 euro di indennità netta. Ieri la Camera ha usato questo dato finale per sgonfiare l’ennesima polemica sui giornali sullo stipendio dei parlamentari, ma ha omesso di ricordare le altre voci che compongono la busta paga.
Oltre all’indennità, un deputato percepisce una diaria, cioè un rimborso per le sue spese di soggiorno a Roma. Una simile misura viene adottata anche dalle aziende, quando devono far spostare un loro dipendente dalla sua sede per lavorare in un altro luogo, ma secondo molti la diaria per i parlamentari sarebbe sproporzionata. Un deputato riceve ogni mese 3.503 euro di diaria per stare a Roma, ma perde 206 euro per ogni giorno di assenza dalle sedute in cui si svolgono votazioni. Basta comunque partecipare a meno di un terzo delle votazioni in una giornata per essere considerati presenti. Oltre all’indennità e alla diaria, ci sono anche i rimborsi spese “inerenti al rapporto tra eletto ed elettori”. Questa somma viene data al deputato attraverso il suo gruppo parlamentare di appartenenza ed è pari a 3.690 euro al mese.
Le spese di trasporto e di viaggio non rientrano nella diaria, che copre solo le spese per stare a Roma. I deputati viaggiano gratis sulle autostrade, sui treni, sui traghetti e sugli aerei per i trasferimenti sul territorio nazionale. Per spostarsi dal luogo in cui vivono all’aeroporto più vicino e da Fiumicino a Montecitorio c’è un rimborso spese trimestrale forfettario di 3.323 euro per chi abita a meno di 100 km dall’aeroporto più vicino. La cifra diventa di quasi 4mila euro per chi si trova a più di 100 km dall’aeroporto più vicino.
Per le telefonate i deputati hanno a disposizione una somma annua pari a 3.098 euro e non ricevono dalla Camera un telefono cellulare. Le spese sanitarie sono coperte da un sistema di assistenza integrativa che richiede il pagamento di 526 euro (il 4,5 per cento dell’indennità lorda) su base mensile. I deputati versano un altro 6,7 per cento della loro indennità lorda per l’assegno di fine mandato, che ricevono al termine del loro mandato parlamentare e che è pari all’80 per cento della loro indennità lorda mensile moltiplicato per ogni anno di mandato effettivo.
Infine, c’è l’assegno vitalizio per il quale i deputati versano ogni mese una quota pari all’8,6 per cento della loro indennità lorda. Dopo cinque anni di mandato, il deputato riceve il vitalizio a partire dai 65 anni di età, ma il limite diminuisce fino a 60 anni a seconda degli anni di mandato. L’importo dell’assegno vitalizio varia molto a seconda degli anni svolti da parlamentare e oscilla tra il 20 e il 60 per cento dell’indennità.
Sommando le principali voci indicate dalla Camera, si arriva a circa 13.800 euro. La somma comprende tutte le cifre di denaro che in un modo o nell’altro vengono trasferite in media a un deputato ogni mese. Il dato si avvicina a quelli dei, pochi, parlamentari che hanno deciso di rendere pubblica la loro situazione finanziaria legata all’attività di parlamentare. A metà dicembre scorso, il deputato Alessandro Bratti del Partito Democratico aveva pubblicato un rendiconto con ricavi e costi, rivelando di percepire uno stipendio annuo pari a 121.207 euro, cui si aggiungono 48mila euro di diaria, 50mila euro di rimborsi spese e i 3.098 euro per il telefono. Calcolate le trattenute e le altre spese, a Bratti rimaneva un dignitoso utile annuo di 73.433 euro.
Le cose non cambiamo di molto se si analizzano anche i dati che riguardano i senatori. Stefano Pedica dell’Italia dei Valori ha dato il proprio cedolino a Repubblica, che lo ha pubblicato sul proprio sito online [pdf]. Per lo scorso mese di settembre, Pedica ha percepito una indennità pari a 12.005 euro, una diaria di 3.499 euro, un rimborso spese di 1.650 euro, una seconda indennità come vicepresidente di commissione da 829 euro e un “contributo per il supporto dell’attività senatori” di 1.680 euro. Sommando al netto le competenze accessorie (7.302 euro) e l’indennità (3.743 euro), il senatore Pedica ha percepito 11.045 euro. Come spiegavano ieri i saggi della commissione Giovannini.