L’Islam e il turismo alle Maldive
Oggi la Corte suprema dell'arcipelago stabilirà che cosa fare dei "centri benessere", chiusi dal governo perché irrispettosi dei precetti della religione
Oggi la Corte suprema della Maldive stabilirà se gli hotel del Paese possono continuare a vendere alcolici, carne di maiale e soprattutto offrire trattamenti termali e altri servizi all’interno dei cosiddetti “centri benessere”. Il coinvolgimento della Corte arriva dopo giorni di scontri tra il governo e l’opposizione sul ruolo dell’Islam nel Paese, un arcipelago di quasi 1.200 isole a sud-ovest dell’India.
Lo scorso 23 dicembre i partiti di opposizione e altri gruppi islamisti hanno organizzato una manifestazione accusando il governo di non essere abbastanza rispettoso dei precetti dell’Islam e chiedendo, tra le altre cose, la chiusura dei centri benessere nella capitale Malé e in altre aree molto popolate, accusandoli di diffondere la prostituzione. Il ministero del Turismo ha risposto ordinando la chiusura di tutti i centri benessere del Paese, sollevando numerose proteste e la preoccupazione dei gestori delle strutture turistiche.
Nel dibattito è intervenuto anche il presidente della Repubblica Mohamed Nasheed, il primo presidente democraticamente eletto negli ultimi 30 anni. Nasheed ha invitato il paese ad attenersi alle posizioni più tolleranti dell’Islam, praticate nel paese da centinaia di anni, e ha aggiunto che «ironicamente gli stessi leader dell’opposizione che hanno manifestato contro i centri benessere e la vendita di alcolici e carne di maiale ai turisti sono tra i proprietari dei più grandi hotel». I partiti di opposizione hanno criticato la decisione del governo, spiegando che i turisti sono ben accetti nel Paese e che chiedevano solo la chiusura dei centri massaggi destinati ai locali. Hanno inoltre accusato il governo di voler colpire alcuni membri dell’opposizione proprietari di grandi hotel, come Qaim Ibrahim, il fondatore di Villa Group che possiede cinque hotel di lusso nel Paese. Ibrahim è anche a capo del partito Jumhooree, che ha partecipato alla manifestazione del 23 dicembre. Nel frattempo il governo ha chiesto l’intervento della Corte suprema.
Almeno 100 centri benessere sono stati chiusi dopo la decisione del governo, mentre molti gestori hanno deciso di ignorare il divieto e hanno continuato a offrire ai loro clienti i servizi termali. L’Associazione per il turismo del Paese ha fatto ricorso e ha chiesto la temporanea sospensione del divieto, spiegando che l’ordinanza potrebbe causare gravi danni al turismo, un settore da cui dipende circa il 30 per cento del prodotto interno lordo del Paese. Si stima che nel 2010 circa 800mila persone abbiano visitato le Maldive. Il ministro del turismo Mariyam Zulfa ha detto all’Agence France Presse che era disposto a considerare un compromesso per permettere agli alberghi di riaprire i centri massaggi e ha assicurato che il governo non è contrario al turismo.
L’Islam è la religione ufficiale delle Maldive e la pratica di qualsiasi altro culto è proibita. Secondo l’articolo 2 della Costituzione la repubblica si basa sui principi dell’Islam, mentre l’articolo 10 dice che «non si può applicare nessuna legge contraria ai principi dell’Islam».
Una donna regge un cartello con scritto «Nessuna legge può scrollarci di dosso i nostri hijab» durante la manifestazione del 23 dicembre (AP Photo/Sinan Hussain)