La Coca-Cola e il dittatore dello Swaziland
La multinazionale di Atlanta è stata accusata di sostenere re Mswati III, dittatore con 13 mogli del piccolo stato nell'Africa del sud
La Coca-Cola è stata accusata dallo Swaziland Democracy Campaign (organizzazione che riunisce ONG e sindacati) di sostenere Mswati III, dittatore con 13 mogli dello Swaziland, piccolo Stato africano che si trova tra il Mozambico e il Sudafrica. Secondo gli attivisti, il sovrano «con una fortuna di almeno 100 milioni di dollari, regna su uno dei Paesi più poveri al mondo, con moltissime persone che vivono nella povertà più assoluta», con i partiti politici che sono vietati dalla legge e con gli attivisti che vengono regolarmente arrestati, imprigionati e torturati.
La Coca-Cola possiede in Swaziland un’azienda affiliata, la Conco Swaziland che da sola contribuisce per il 40 per cento al PIL nazionale. «Alla fine della fiera la Coca Cola non aiuta l’economia dello Swaziland in alcun modo. Questi profitti non sono un vantaggio per lo Swazi medio, mentre il re diventa ogni giorno più ricco. Il re sta spremendo il Paese, questo lo fortifica ogni giorno di più e gli dà il potere necessario per schiacciare l’opposizione. Nessuno dovrebbe fare affari con il regime dello Swaziland, bisognerebbe portare gli affari altrove», hanno spiegato gli attivisti di Swaziland Democracy Campaign al Guardian. Questi chiedono anche che la Coca Cola trovi il modo di sostenere con parte degli utili il popolo Swazi e propongono un boicottaggio come ai tempi dell’apartheid: «Il re sta distruggendo l’economia del Paese, per cui bisogna comportarsi come allora. O si sta con la gente, o con il sovrano».
La multinazionale di Atlanta ha fatto sapere che Re Mswati III non ricava alcun profitto o dividendo dall’azienda affiliata alla Coca Coca Company e che, attraverso la Coca Cola Africa foundation in Swaziland dal 2001, la popolazione «ha giovato di contributi al welfare per quanto riguarda la gestione dell’acqua, la salute, l’educazione e l’avviamento all’impresa». Ma ha anche ammesso che la società non può essere informata su come vengano utilizzati dal governo Swazi i soldi che versa sotto forma di tasse.