Guida alle primarie dei repubblicani
Si comincia domani con i caucus dell'Iowa (che roba sono?): una guida per capire come sarà scelto lo sfidante di Obama, tra regole, calendari e sondaggi
di Francesco Costa
La campagna elettorale per le elezioni presidenziali del 2012 negli Stati Uniti è iniziata da parecchio tempo: secondo alcuni dal giorno successivo alle elezioni di metà mandato del novembre 2010, secondo altri addirittura dal giorno successivo alle elezioni presidenziali del 4 novembre del 2008, quelle che portarono Barack Obama alla Casa Bianca. Il calendario politico americano, fatto di scadenze fisse e prevedibili, unito all’enorme quantità di denaro e risorse organizzative necessarie per ottenere la candidatura, porta infatti candidati e aspiranti tali a lavorare con anni di anticipo ai loro progetti presidenziali, spesso molto tempo prima di annunciare ufficialmente la propria candidatura, alla ricerca di alleati politici, finanziatori, militanti e strateghi.
Domani, 3 gennaio 2012, comincia in Iowa la stagione delle elezioni primarie. La prima cosa da sapere è che la stagione comincia sia per i democratici che per i repubblicani. Negli Stati Uniti le primarie sono previste dalla legge e si fanno tassativamente, al di là della presenza o no di un presidente uscente: non esistono candidature “di diritto”. Salvo casi eccezionali, però, come quello di Ted Kennedy che sfidò il presidente Jimmy Carter nel 1980, il presidente uscente non incontra sfidanti di rilievo e compete solo in alcuni Stati, i pochi in cui i suoi sfidanti saranno riusciti a raccogliere firme e documentazioni necessarie alla candidatura. Barack Obama ha raccolto pochi sgarrupati sfidanti in New Hampshire, Missouri, Louisiana e Oklahoma, la sua vittoria non è in discussione. Considerata la differenza di valore tra le due competizioni, in questa guida ci concentreremo su regole ed elementi che riguardano soltanto le primarie repubblicane.
A che gioco giochiamo
Prendiamola larga. Le primarie servono ai partiti per scegliere il loro candidato alla Casa Bianca. Questo non vuol dire che per candidarsi alla Casa Bianca sia necessario vincere le primarie: ci si può candidare come indipendenti o come esponenti di altri partiti (ci sono, sebbene contino quasi niente). Gli Stati Uniti sono uno Stato federale, quindi le primarie non si tengono in tutti gli Stati nello stesso giorno e nemmeno con le stesse regole: ognuno fa più o meno come gli pare. Quello che hanno in comune è che il processo porta all’elezione di un certo numero di delegati per ogni Stato, di solito proporzionale alla sua popolazione e alla sua influenza politica. Ogni delegato sostiene un candidato. In estate si tiene la convention del partito. Per i candidati, lo scopo del gioco è arrivare alla convention con in tasca la maggioranza assoluta dei delegati, la metà più uno. I delegati sono in tutto 2286, quindi per vincere ne servono 1144. La cifra di 2286 comprende i cosiddetti superdelegati, cioè quelli che lo sono di diritto in quanto funzionari del partito, deputati, senatori, ex presidenti. In dodici Stati il voto dei superdelegati è legato a quello dei delegati. Negli altri, i superdelegati possono decidere autonomamente chi votare: si tratta, in sostanza, di 132 voti che si assegnano in modo tecnicamente indipendente dai risultati del voto.
Caucus e primarie
Non tutti gli Stati votano allo stesso modo, abbiamo detto, anzi. La prima distinzione da fare è tra caucus e primarie, per quanto nel caso del partito repubblicano i due modelli si somiglino più di quanto accada con le primarie democratiche. Ogni Stato decide se scegliere il proprio candidato con i caucus o con le primarie. Le primarie sono delle elezioni vere e proprie: si va al seggio più vicino a casa propria, si vota. Serve essere maggiorenni alla data delle elezioni presidenziali, quindi a novembre 2012. I caucus sono più simili a un congresso di partito. Chi vuole partecipare si riunisce nel seggio, dove ogni candidato viene presentato da un suo sostenitore. Poi si vota, per iscritto o più raramente per alzata di mano. I delegati non sono formalmente vincolati a sostenere il candidato per cui sono stati scelti, una volta alla convention, sebbene di norma i “cambi di casacca” siano pochi e ininfluenti.
Maggioritario e proporzionale
L’altra cosa importante da sapere è il metodo di elezione dei delegati. Prima si vota, come abbiamo detto, coi caucus o con le primarie. Poi, sulla base del voto, si stabilisce quanti delegati vanno a ciascun candidato. Alcuni Stati adottano un sistema proporzionale, assegnando a ogni candidato un numero di seggi proporzionale al numero di voti ottenuti. Altri adottano un sistema maggioritario, il winner-takes-all, che poi è lo stesso utilizzato alle elezioni presidenziali di novembre: il candidato più votato, che ottenga uno o mille voti in più dei suoi avversari, porta a casa tutti i delegati.
La differenza tra i due sistemi conta moltissimo nel determinare forma e durata della competizione elettorale. Supponiamo di avere due Stati dall’identica popolazione, e che entrambi mettano in palio 50 delegati. Nello Stato A il candidato Tizio vince per un voto su Caio: in base al sistema proporzionale ottiene 26 delegati, lasciandone 24 al suo avversario. Nello Stato B il candidato Caio vince per un voto su Tizio: in base al sistema maggioritario ottiene tutti e 50 i delegati. A fronte di un numero identico di elettori, il risultato è molto diverso. Genericamente, il sistema winner-takes-all garantisce un esito più certo e rapido della competizione, che può individuare un chiaro vincitore nel giro di poche settimane. Il sistema proporzionale, invece, rende la competizione più equilibrata e quindi potenzialmente più lunga (chiedere a Hillary Clinton e Barack Obama).
Nella prossima pagina: come si vincono le primarie, chi è messo meglio in Iowa e che cosa succederà dopo.
Quindi?
Quindi vincere le primarie americane richiede un gran lavoro di pianificazione e strategia. I candidati hanno bisogno di raccogliere e distribuire al meglio le risorse tra Stato e Stato, capire dove è necessario aprire un ufficio e dove è necessario chiuderlo, capire dove è bene passare del tempo e quando. Osservare le evoluzioni dei sondaggi, tentare di smuoverli e soprattutto andare alla ricerca del cosiddetto “momentum”, cioè un momento di ascesa rapida e inerziale. Un buon risultato elettorale, una rimonta nei sondaggi, un aumento della raccolta fondi, un endorsement pesante, una migliore copertura mediatica: l’arrivo di uno di questi elementi può bastare a scatenare tutti gli altri, in una reazione a catena. A quel punto, però, di norma si scatenano anche gli attacchi degli avversari e le inchieste della stampa: chi vuole arrivare alla Casa Bianca deve dimostrarsi in grado di gestire grande attenzione e grandi attacchi senza vacillare. Anche per questo le primarie sono uno strumento di selezione politica, gli americani lo chiamano vetting: chi non regge la pressione, chi è inconsistente, chi ha scheletri nell’armadio, di solito non arriva sulle schede elettorali a novembre.
Iowa
Una tradizione molto antica e molto discussa vuole che le primarie americane comincino con i caucus in Iowa, assegnando così a poche decine di migliaia di elettori un ruolo importantissimo, per quanto spesso sopravvalutato, nella selezione dei candidati alla presidenza degli Stati Uniti. Generalizzando, si può dire che l’Iowa ha un elettorato particolarmente sensibile ad argomenti populisti: a destra, inoltre, le piattaforme religiose vanno forte più di quelle ultraliberiste. Nel 2008 i caucus repubblicani dell’Iowa furono vinti da Mike Huckabee. Negli ultimi trent’anni, quando si è votato senza un presidente repubblicano uscente, per due volte il vincitore dei caucus in Iowa ha poi vinto la nomination: Bob Dole nel 1996 e George W. Bush nel 2000. Soltanto quest’ultimo alla fine è arrivato alla Casa Bianca.
Chi vince stavolta
Raramente si è arrivati ai caucus dell’Iowa con una situazione politica così imprevedibile. Lo straw poll di Ames, il tradizionale sondaggione estivo, è stato vinto da Michele Bachmann, la cui vittoria in Iowa oggi è praticamente impossibile. Diversi candidati hanno goduto di rapide ascese nei sondaggi, seguite da rapide discese: è stato così, oltre che per Michele Bachmann, anche per Rick Perry, Herman Cain, Newt Gingrich e Ron Paul. L’ultimo in ordine di tempo a godere di quest’ascesa è stato Rick Santorum. Mitt Romney è il candidato più forte, moderato ed eleggibile, nonché il meglio dotato finanziariamente e organizzativamente, ma più che sull’Iowa ha deciso di puntare forte sul New Hampshire, dove si vota tra pochi giorni con un elettorato a lui più congeniale.
Il sondaggio del Des Moines Register, il principale quotidiano dell’Iowa, è storicamente molto accurato: diffuso il 31 dicembre, vede Romney in testa col 24 per cento, seguito da Paul col 22 per cento, Santorum col 15 per cento, Gingrich col 12 per cento, Perry con l’11 per cento e Bachmann col 7 per cento. Con alcune cose da sapere: Santorum ha l’elettorato più motivato tra tutti i suoi avversari, e insieme a Perry ha numeri in grande ascesa, mentre quelli di Paul e Gingrich sono in tendenza negativa. Di fatto è un testa a testa tra Romney, Santorum e Paul.
E poi?
Poi si continua a votare: il 10 gennaio in New Hampshire (primarie), il 21 in South Carolina (primarie), il 31 il primo grosso appuntamento in Florida (primarie), il 4 febbraio in Nevada (caucus), eccetera. Il calendario completo si può scorrere qui. La data più importante è quella del cosiddetto supertuesday: martedì 6 marzo si voterà contemporaneamente in Alaska, Georgia, Idaho, Massachusetts, North Dakota, Ohio, Oklahoma, Tennessee, Vermont e Virginia. Dovesse emergere un candidato nettamente più forte degli altri, probabilmente quel giorno otterrà la certezza – politica, se non matematica – della nomination. Altrimenti si farà affidamento ai voti seguenti: il calendario prosegue per aprile, maggio e giugno.
La convention repubblicana si terrà a partire dal 27 agosto, per una settimana, a Tampa, in Florida (non è un caso: la Florida è il più popoloso fra gli Stati in bilico). I democratici terranno la loro a Charlotte, in North Carolina, durante la settimana successiva. Obama ha il vantaggio di poter investire tutte le sue risorse nella campagna elettorale per il voto di novembre, mentre i suoi avversari repubblicani dovranno spendere molto durante le primarie; dall’altro lato, però, i candidati repubblicani da qui in poi si prenderanno il palco, l’attenzione dei media e degli elettori, e lanceranno contro Obama un candidato che avrà dietro di sé quanto meno la forza di una vittoria.
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foto: AP Photo/Chris Carlson