Che cosa succede in Somalia
Anche le truppe etiopi sono entrate nel sud del Paese controllato dalle milizie islamiche di Al Shabaab, che ora sono attaccate su tre fronti
Stamattina all’alba le truppe etiopi sono entrate nel territorio somalo controllato dalle milizie islamiche di Al Shabaab e hanno conquistato la città di Belet Uen, capoluogo della regione dell’Hiran. Belet Ulen, che si trova a circa 45 chilometri dal confine con l’Etiopia e 335 chilometri a nord della capitale Mogadiscio, è un importante snodo commerciale della Somalia. Ma soprattutto è un centro strategico cruciale, perché la strada che passa per la città collega Mogadiscio con il nord del Paese. Non a caso, negli anni Settanta era una delle principali basi del Fronte di Liberazione della Somalia Occidentale (WSLF) e il suo controllo negli ultimi anni è stato più volte conteso, fino a quando non è stata conquistata dalle milizie islamiste Al Shabaab, che ora sarebbero fuggite da Belet Ulen. Secondo il racconto di alcuni testimoni, negli scontri sarebbero morte almeno venti persone, principalmente soldati etiopi e militanti islamici.
Il canale Twitter di Al Shabaab, l’organizzazione estremista che controlla da anni il sud della Somalia, ha parlato di «battaglia intensa» iniziata alle 6 di stamane e provocata dall’attacco di circa «3000-3500 soldati etiopi», mentre per la BBC sarebbero mille. Secondo Reuters e BBC la situazione a Belet Ulen sarebbe ora tranquilla, mentre Al Shabaab ha fatto sapere sempre su Twitter che la battaglia si è svolta soprattutto a est del fiume Shabeelle e che per alcune ore la città sarebbe stata praticamente divisa in due. Poi però, un altro tweet delle milizie islamiche ha dichiarato che Al Shabaab si «è ritirata dalla città per circondarla», in attesa di nuove mosse.
Si tratta di uno dei momenti più difficili per Al Shabaab negli ultimi tempi. A differenza degli anni passati, stavolta la maggioranza della popolazione di Belet Ulen avrebbe supportato le truppe etiopi, stando al racconto della Reuters poi smentito da Al Shabaab. Un atteggiamento che potrebbe scaturire dalla gravissima carestia che ha colpito la scorsa estate la Somalia, di fronte alla quale Al Shabaab ha negato pressoché ogni aiuto internazionale in nome della sua ideologia estremista. Ora, però, Al Shabaab si trova stretta tra tre fronti. A sud dalle truppe keniote, che lo scorso ottobre sono entrate in Somalia dopo gli attacchi degli estremisti contro alcuni turisti in Kenya. Da ovest ora è arrivato l’attacco dell’Etiopia e inoltre, lo scorso agosto i militanti hanno perso il controllo di Mogadiscio (anche se a dicembre sono tornati all’attacco), dopo l’attacco delle truppe dell’Unione Africana di Uganda, Burundi e Gibuti per difendere il fragile governo ad interim della capitale guidato da Sheikh Sharif Ahmed, un islamista moderato.
È la prima volta dall’inizio del 2009 che le truppe etiopi ritornano in territorio somalo dopo il fallimentare intervento militare nel 2006, supportato dagli Stati Uniti. Allora gran parte della popolazione somala si era ribellata all’invasione e aveva conseguentemente appoggiato la causa di Al Shabaab. Un portavoce del governo etiope ha detto che «le truppe sono in Somalia per assistere il governo del Paese». A dicembre il parlamento di Addis Abeba ha votato a favore dell’invio di truppe etiopi in Somalia, tra le fila del contingente di pace dell’Unione Africana. Le Nazioni Unite, tuttavia, non hanno ancora dato il loro assenso.
Foto: AP/Farah Abdi Warsameh