I 1200 euro spesi a testa per giochi e scommesse
Irene Tinagli racconta sulla Stampa che sempre più persone in Italia si affidano a slot machine, scommesse e gratta e vinci
Irene Tinagli scrive sulla Stampa che nell’ultimo anno gli italiani hanno speso il 24,3 per cento in più per i giochi come gratta e vinci, lotterie, lotto, slot machine e per le scommesse sportive. L’impressione che se ne ricava è quella di milioni di persone che si sentono sempre meno padrone del proprio destino e che vedono nella casualità il modo migliore – forse l’unico – per migliorare il proprio futuro.
Non c’è giorno in cui non siamo bombardati da qualche dato negativo su consumi, produzione, povertà ed occupazione.
È l’immagine, si dice, di un Paese che si impoverisce sotto la scure della crisi e di manovre recessive. In questo scenario è difficile spiegare il dato del 2011 sulla raccolta del settore dei giochi (gratta e vinci, lotterie, lotto, slot machine, scommesse sportive e così via) appena reso noto: 76,5 miliardi di euro. Un aumento rispetto al 2010 di 15 miliardi di euro, ovvero il 24,3% in più. Questo significa che nell’anno della crisi più nera, della disoccupazione giovanile al 30%, dello spread alle stelle e dei tagli indiscriminati, gli italiani hanno speso in giochi e scommesse oltre 1200 euro non a famiglia, ma a testa – includendo nel calcolo persino i neonati! Con un aumento di spesa di circa 250 euro a persona rispetto all’anno precedente. Un dato veramente sorprendente.
Che l’industria del gioco e delle scommesse sia relativamente più resistente alle crisi rispetto ad altri settori è cosa nota. Così com’è noto che la diffusione dei giochi online e la progressiva liberalizzazione avvenuta in numerosi Paesi (prima tra tutti l’Italia, che negli ultimi anni ha rilasciato migliaia e migliaia di nuove licenze) hanno dato impulso a questo settore a livello globale.
Tuttavia risultati di queste dimensioni in un Paese come l’Italia, che proprio nel 2011 si è vista quasi sull’orlo del baratro, destano più di un interrogativo. Persino in Gran Bretagna, patria delle scommesse, gli anni della crisi hanno visto un sensibile calo di queste spese (-12,2% nel 2009 e situazione pressoché stazionaria nel 2010).