Gli immobili della Chiesa che non pagano l’ICI
Repubblica prova un inventario, ma c'è molta "zona grigia"
Repubblica torna sulla questione degli immobili di proprietà della Chiesa che sono esenti dal pagamento dell’ICI, cercando di capire quali e quanti sono, con un po’ di spiegazioni: ma di fatto si arrende.
Sono millecinquecento gli immobili della chiesa cattolica che, solo a Roma, non pagano l’Ici. Un elenco registrato al catasto e depositato in prefettura, che contiene sia gli edifici esentati per legge, come le 722 parrocchie, sia quelle centinaia di fabbricati intestati ad altrettanti enti, istituti, congregazioni, confraternite, società e opere pie che, pur svolgendo al loro interno attività commerciali, hanno presentato una autocertificazione che li mette al riparo dalla tassazione.
Numeri tuttavia sottostimati rispetto al vasto patrimonio del Vaticano: la Santa Sede, in quanto Stato estero, non è infatti tenuto a comunicare le sue proprietà alle autorità italiane. Ragion per cui nessuno conosce con certezza quanti palazzi possieda e quali attività ospitano.
Un patrimonio immenso, quasi tutto tax-free, che secondo una stima dell’Anci risalente al 2005, avrebbe impedito ai comuni di incassare un gettito Ici compreso tra i 400 e 700 milioni, 20 dei quali soltanto nella capitale. Se ne discute ormai da vent’anni: dal lontano dicembre ’92, quando il primo governo Amato introdusse l’imposta comunale sugli immobili prevedendo una lunga lista di esenzioni, fra cui i fabbricati del Vaticano contemplati dai Patti Lateranensi nonché le attività, laiche e religiose, destinate a sanità, assistenza, istruzione, sport e culto.
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