Lo sponsor sotto accusa delle Olimpiadi di Londra
La Dow Chemical Company, coinvolta nell’esplosione che provocò in India 25mila morti, ha annunciato che non esporrà il suo logo sul telone dello stadio olimpico
La Dow Chemical Company, azienda coinvolta nell’esplosione che nel 1984 provocò la fuga di gas tossico a Bhopal, in India, e che provocò la morte di 25mila persone, ha dichiarato che non esporrà il suo logo sull’involucro decorativo che avvolgerà lo stadio di Londra in occasione delle Olimpiadi che si apriranno il 27 luglio 2012.
La scorsa settimana il Comitato olimpico indiano (IOA) aveva chiesto agli organizzatori dei Giochi (tramite una petizione firmata da 11mila persone) di non accettare alcuna sponsorizzazione dalla Dow Chemical e di rifiutare quindi l’accordo di otto milioni di euro: «Se l’azienda comparirà tra gli sponsor delle Olimpiadi, sarà come danzare sulle fosse comuni delle vittime di Bhopal», aveva detto Satinath Sarangi del Bhopal Group for Information and Action, associazione delle vittime del disastro.
Per ora la concessione si limita alla rimozione del marchio dal telone decorativo. Il deputato laburista Barry Gardiner che aveva portato avanti una battaglia contro la sponsorizzazione della Daw ha dichiarato: «La decisione indica che almeno la Dow mostra una forma di vergogna e questo non può che essere un fatto positivo». Ma il contratto tra la Dow Chemical e la Olympic Park Legacy Company, la società che si occupa dell’assegnazione degli spazi all’interno del villaggio olimpico una volta che i giochi saranno finiti, non è stato ancora cancellato.
Il governo indiano ha presentato all’inizio di dicembre un ricorso per ottenere un nuovo risarcimento per le conseguenze ambientali e sanitarie del disastro di Bhopal. Una ventina di anni fa la Union Carbide, la società proprietaria dello stabilimento di pesticidi dove avvenne l’incidente, pagò circa 470 milioni di dollari al governo indiano. La società fu acquisita nel 1999 dalla Dow Chemical, i cui legali sostengono che l’accordo raggiunto tra Union Carbide e governo ha di fatto esaurito ogni possibile futura richiesta. Ma a distanza di ventisette anni gli effetti della perdita di gas tossici si fanno sentire e più di 100mila persone continuano ad avere problemi di salute.