La ricerca censurata sull’aviaria
Il governo americano ha chiesto a due importanti riviste scientifiche di non pubblicare i dettagli di alcuni esperimenti, nel timore che possano essere usati dai terroristi per creare virus
Il National Science Advisory Board for Biosecurity, un comitato del ministero della Salute degli Stati Uniti, ha chiesto a due delle più importanti riviste scientifiche al mondo di non pubblicare i dettagli di alcuni esperimenti nel timore che possano essere usati dai terroristi per creare virus letali e nuove epidemie. Il Board si occupa di supervisionare la diffusione di informazioni scientifiche che potrebbero rivelarsi pericolose per la società e fino a ora non aveva mai formulato una simile richiesta, spiegano Denise Grady e William J. Broad sul New York Times. Gli esperimenti su cui si chiede il silenzio sono stati realizzati negli Stati Uniti e nei Paesi Bassi per creare forme di virus di influenza altamente trasmissibili tra gli esseri umani. Simili informazioni potrebbero essere usate per creare epidemie su larga scala, un’eventualità altamente pericolosa.
I ricercatori hanno prodotto in laboratorio una serie di varianti del virus A(H5N1), quello dell’influenza aviaria che nel 1997 infettò diciotto persone a Hong Kong, uccidendone sei. Nei dieci anni successivi questo virus ha contagiato almeno 300 persone, uccidendone almeno 200 soprattutto nel sud est asiatico e in altre aree della Cina, dell’Iraq, dell’Egitto e della Turchia. Come dimostrano i dati, gli effetti del virus possono essere letali nella maggior parte dei casi, ma fortunatamente la malattia rimane sporadica e insorge solo in determinate circostanze e per contagio da animale (in genere pollame) a uomo, e solo in rarissimi casi tra esseri umani, senza diffusione oltre la prima generazione di contatti (Harpo contagia Groucho, che però non contagia Zeppo). Una mutazione potrebbe però rendere il virus più facilmente trasmissibile tra esseri umani, rendendolo molto più pericoloso.
Il Board ha chiesto alle riviste Science e Nature di non diffondere alcuni dettagli sulle ricerche scientifiche legate agli ultimi esperimenti su A(H5N1). Secondo i membri del comitato, sarebbe consigliabile pubblicare solamente le conclusioni dello studio «ma non i dettagli sulle sperimentazioni e i dati sulla mutazione che consentirebbero di ripetere l’esperimento». Di fatto, il Board sta chiedendo alla comunità scientifica di rinunciare, almeno in parte, a uno dei pilastri del metodo scientifico: la possibilità di replicare un determinato esperimento per verificarne l’efficacia e controllare la fondatezza delle scoperte a esso legate.
Come ricordano sul New York Times, il Board non ha comunque il potere di imporre una censura sui contenuti delle riviste scientifiche, ma solo di comunicare consigli e offrire consulenze su che cosa sia opportuno tralasciare per motivi di sicurezza. Il responsabile di Science, Bruce Alberts, ha confermato di aver ricevuto le raccomandazioni e di aver avviato un confronto, che porterà probabilmente alla mancata pubblicazione di alcune informazioni sullo studio. Alberts chiede però garanzie al governo degli Stati Uniti sulla creazione di un sistema che permetta comunque agli scienziati che ne avranno titolo di consultare il materiale non pubblicato.
Le due riviste scientifiche stanno discutendo da mesi con diversi ricercatori e le autorità statunitensi l’opportunità di pubblicare le ricerche. Gli scienziati che si sono occupati di una serie di esperimenti nei Paesi Bassi hanno invece rivelato già alcuni dati, anticipandoli nel corso di una conferenza a Malta lo scorso settembre. I ricercatori sono tradizionalmente contrari alla censura di informazioni che riguardano le ricerche scientifiche, ma secondo Alberts i pericoli che potrebbero derivare dalla diffusione dei dati su A(H5N1) devono spingere alla massima prudenza: «Si tratta di un momento molto delicato, e dobbiamo essere cauti nel tipo di precedente che stiamo per creare».
Le ricerche sui virus sono state condotte dall’Erasmus Medical Center di Rotterdam (Paesi Bassi) e dalla University of Wisconsin-Madison (Stati Uniti) con un finanziamento fornito dagli Istituti Nazionali di Sanità (National Institutes of Health – NIH), un’agenzia del ministero della Salute statunitense. Gli studi furono avviati per capire quali eventuali cambiamenti genetici potrebbero rendere il virus più facile da trasmettere tra gli esseri umani. Con questo sistema, i ricercatori possono essere qualche passo avanti rispetto alla naturale evoluzione del virus e quindi in grado di rilevare più facilmente i segnali che indicano una sua trasformazione. I responsabili degli NIH speravano anche di ottenere farmaci più efficienti per combatterlo.
Sia i ricercatori nei Paesi Bassi sia quelli negli Stati Uniti hanno confermato la loro disponibilità a omettere alcuni dati, anche se la cosa non sembra entusiasmarli molto. Lo scetticismo è principalmente legato all’impossibilità di condividere i risultati con un’ampia schiera di scienziati, che potrebbero dare importanti apporti per giungere più rapidamente alla produzione di vaccini e terapie per contrastare il virus e le sue possibili mutazioni. Altri esperti aggiungono che l’omissione dei dati sarà probabilmente inutile: prima di essere pubblicate sulle riviste scientifiche come Nature e Science, le ricerche vengono sottoposte a una procedura di “peer review” (valutazione tra pari) in cui specialisti del settore che non hanno partecipato allo studio le esaminano per verificare che abbiano i requisiti necessari per essere pubblicate. Le versioni integrali degli studi su A(H5N1) sono state già riviste da altri ricercatori, che probabilmente ne posseggono più di una copia.
I responsabili del Board auspicano che tra gli scienziati coinvolti venga mantenuto il giusto riserbo, evitando che inizino a circolare informazioni potenzialmente pericolose sulle mutazioni del virus. Di un comitato per supervisionare la diffusione dei dati sulle ricerche scientifiche più delicate si iniziò a parlare negli Stati Uniti dopo gli attacchi terroristici del 2001 e la spedizione di lettere anonime contenenti antrace, che intossicarono 22 persone. L’allora presidente George W. Bush chiese che venissero istituiti controlli severi sulla diffusione di informazioni scientifiche che avrebbero potuto usare i terroristi, ma la proposta ricevette una ferma e dura opposizione da parte della comunità scientifica.
Dopo lunghe discussioni, nel 2004 si raggiunse un compromesso con l’istituzione del comitato federale, cui fu affidato un ruolo di semplice consulenza. È formato da 25 componenti con diritto di voto indicati dal Segretario per la salute, cui si aggiungono altri 18 membri esterni da altre agenzie federali. Da quando esiste si è occupato solamente in tre, quattro circostanze di censura di contenuti nelle ricerche scientifiche. Il primo caso risale al periodo in cui fu completata l’intera mappatura genetica del virus H1N1, quello che causò l’epidemia di influenza nel 1918 (influenza spagnola) che uccise tra i 50 e i 100 milioni di persone in tutto il mondo. Fu dato parere positivo alla pubblicazione integrale dei risultati.
A partire dall’inizio dell’autunno e per diversi mesi il Board ha affrontato una estesa discussione interna tra i propri membri ed esterna con le riviste scientifiche. A fine novembre ha contattato Nature e Science inviando le raccomandazioni su alcuni contenuti da omettere, ricordando che non erano mai stati osservati prima d’ora simili capacità di diffusione tra specie diverse del virus H5N1.