In ospedale da Hitchens
Lo scrittore Ian McEwan racconta le ultime visite all'amico morto la settimana scorsa
Repubblica traduce oggi il ricordo del giornalista Christopher Hitchens – morto giovedì scorso – scritto dal suo amico romanziere Ian McEwan per il New York Times di domenica.
Il posto dove ha trascorso le ultime settimane della sua vita ha poco a che fare con i libri. Ma Christopher Hitchens ne ha fatto qualcosa di suo. Il Medical Center di Houston, vicino al centro della città, è un assembramento di torri, un po´ come La Défense di Parigi o la City di Londra. Qualcosa come un comprensorio finanziario ove la moneta corrente è la malattia.
È un complesso che concentra competenze mediche e tecnologiche di altissimo livello mondiale. La più alta delle sue torri è la negazione di un possibile dio benigno: la scritta al neon che la sovrasta indica il reparto di oncologia pediatrica. Questo «dirupo tagliato netto» – come Larkin descrive in un suo poema la torre di un ospedale – si innalza proprio di fronte all´edificio del reparto di Christopher, un po´ meno alto, riservato agli adulti.
Non c´è mai stato un malato più facile da visitare in un ospedale. Non voleva né uva né fiori, solo conversazione e presenza. I silenzi erano tutti utili. Gli piaceva trovarmi ancora lì quando riapriva gli occhi dopo uno dei suoi frequenti momenti di torpore, indotti dalla morfina. La sua malattia non lo interessava. Non ne voleva parlare.
(continua a leggere sul blog Diritti Globali)