La resistenza dei tassisti
Goffredo Buccini racconta battaglie e alleati della più intoccabile delle corporazioni
Goffredo Buccini racconta sul Corriere della Sera la più intoccabile delle categorie professionali.
Piove, ma loro sono gli unici a non bagnarsi mai. Al posteggio di piazza della Madonna di Loreto, muovono lenti le macchine incontro ai turisti che saltellano sgocciolanti tra Palazzo Venezia e l’Altare della Patria. Liberalizzare non è un verbo che li tocchi. «Mbe’? È giusto così!», sbuffa Franco, barricadero di sempre, ripetendo un mantra classico della categoria: «Le licenze so’ la nostra liquidazione. Lei la vorrebbe perdere la liquidazione? No? E manco noi».
Ora se ne stanno tranquilli, gli invincibili a tassametro, assaporando un’altra vittoria, l’ennesima. «Ma Tranquillo ha fatto ‘na brutta fine», ridacchiano guardinghi. Il Campidoglio dista meno di cinquecento passi. E questa è stata terra di battaglia per i tassisti della Capitale e per quelli di tutt’Italia, da Milano a Napoli, da Trieste a Bari, che qui sono venuti a marciare su Roma nell’estate 2006, sventolando bandiere (spesso nere) contro la lenzuolata di Bersani (allora ministro dello Sviluppo economico) e strillando «saremo il vostro Iraq» a un già allora traballante governo Prodi. Bastò. Basta ancora.
«Esatto, non ci toccano. E sa perché?», s’infervora Alessandro Genovese, «perché la storia insegna che anche nei Paesi del Nord Europa, come l’Irlanda o la Spagna , sono tornati indietro da ‘sta catastrofe della deregolamentazione. In Irlanda i colleghi si so’ suicidati! Perciò non ci toccano». Non perché siete una lobby? «E dai! Va di moda ‘sta storia. Ma la nostra è una lobby aperta a tutti. E poi le lobby vere c’hanno capitali». Genovese è il numero due dell’Ugl, vice di Pietro Marinelli, uno dei gladiatori storici del sindacalismo tassinaro. A Milano, per dire, la guerriglia delle auto bianche non è stata meno virulenta. Dopo la paralisi della città nel 2003, i tassisti hanno affisso sui muri attorno a via Solferino foto e profili di giornalisti ed editorialisti del Corriere «colpevoli» di chiedere servizi migliori per gli utenti: «Soggetti pericolosi». Sotto casa del professor Giavazzi passavano con la consegna di strombazzare «giorno e notte».