Chi comanda in Ungheria
Il libro di un celebre giornalista ungherese ricostruisce la storia del leader conservatore e populista Viktor Orbán, che in sei mesi di governo ha già cambiato la costituzione sei volte
Paul Lendvai ha 81 anni ed è un celebre giornalista ungherese, autore di diversi libri sull’Europa centrale durante e dopo il comunismo. Il suo ultimo libro, da poco pubblicato in tedesco (Lendvai si stabilì a Vienna dopo la repressione sovietica della rivoluzione ungherese del 1956) si chiama Il mio paese sprecato e descrive con preoccupazione l’Ungheria governata dal 2010 dal partito conservatore Fidesz del primo ministro Viktor Orbán.
Secondo Lendvai, nei suoi primi sei mesi di governo il partito di Orbán ha portato avanti politiche nazionaliste e nostalgiche pericolose, ha governato con poco rispetto per i principi democratici e mantiene il controllo o l’influenza su diversi mezzi di comunicazione in grado di orientare e manipolare l’opinione pubblica. Lo stesso libro di Lendvai, come racconta una lunga recensione di Paul Hockenos su Boston Review, ha dovuto sopportare pesanti attacchi da parte dei giornali e delle televisioni vicine al partito Fidesz, ma è diventato ugualmente uno dei libri più venduti nei mesi scorsi in Ungheria, vendendo circa 8.000 copie in due edizioni (numeri consistenti per il mercato ungherese). Lendvai è invitato in continuazione a presentare il suo libro, anche con interviste sui media tedeschi e austriaci, nonostante chi decida di ospitarlo debba sopportare chiamate di protesta che lo accusano di essere un nemico dell’Ungheria, oppure manifestazioni nazionaliste fuori dai luoghi dove si tengono gli incontri (manifestazioni a cui diverse televisioni nazionali danno grande risalto).
Il settimanale Heti Válasz ha accusato Lendvai di essere stato una spia del regime comunista ungherese durante gli anni Ottanta, e la notizia è stata ripetuta così spesso che per il grande numero di giornali e tv vicini a Orbán, e di conseguenza per gran parte dell’opinione pubblica, è diventata una certezza.
Chi governa l’Ungheria
Il partito Fidesz ha ottenuto una grande vittoria a livello nazionale nelle elezioni legislative del 2010, che gli consente di avere i due terzi del parlamento ungherese mentre l’opposizione (sia di destra che di sinistra) attraversa una fase di grave crisi. In questi pochi mesi al governo, il parlamento controllato da Fidesz ha approvato 43 nuove leggi, ne ha modificate oltre cento e ha cambiato sei volte la costituzione. Una delle leggi che hanno fatto notizia in tutta Europa riguardava la libertà di stampa: il provvedimento voleva imporre che i mezzi di comunicazione adottassero “un punto di vista equilibrato” nella copertura delle notizie, e che le radio trasmettessero almeno per un quarto musica ungherese. Le critiche dell’Unione Europea (di cui l’Ungheria fa parte dal 2004) portarono a una parziale modifica della legge, che secondo alcuni rimane tuttavia pericolosa e restrittiva della libertà di stampa.
Secondo Lendvai, Orbán e il suo partito hanno stabilito una rete di contatti e amicizie nel mondo della cultura e degli affari che permettono loro di avere una base di potere molto forte anche fuori dal parlamento. Ne fanno parte banchieri e industriali, ma anche le organizzazioni che rappresentano gli ungheresi all’estero e molti mezzi di comunicazione. Le modifiche alla costituzione hanno limitato l’indipendenza del settore giudiziario e hanno sottolineato le radici cristiane del paese.
Dal punto di vista politico, uno degli aspetti più gravi della politica di Fidesz è il far leva sulle rivendicazioni nazionaliste ungheresi, che risalgono alla fine dell’impero austro-ungarico. Queste si fondano su una interpretazione della storia che vede gli ungheresi vittime incolpevoli delle ambizioni dei vicini che hanno portato alla forte riduzione territoriale dell’Ungheria dopo la Prima Guerra Mondiale e la fine dell’impero (trattato del Trianon, 1920), e all’umiliazione delle consistenti minoranze ungheresi nei paesi confinanti: Serbia, Slovacchia, Ucraina e Romania. Poco dopo la vittoria elettorale, i parlamentari di Fidesz hanno introdotto il “Giorno dell’appartenenza nazionale” nella ricorrenza del 90° anniversario del trattato del Trianon.
E poi c’è la questione dell’antisemitismo. Un’altra delle modifiche alla costituzione del governo Orbán fa sì che questa dichiari, ora, che l’attuale stato ungherese non è “competente” per quanto accaduto nel paese tra il marzo del 1944, data dell’invasione nazista, e il maggio del 1990, quando il primo governo postsovietico entrò in carica. Questa volontà di non fare i conti con il proprio passato recente si unisce al fatto che in Ungheria non c’è mai stato un momento di ripensamento pubblico degli episodi meno nobili del XX secolo, un atteggiamento che il paese ha in comune con quasi tutti i paesi dell’Europa centro-orientale, e in particolare delle persecuzioni antisemite, che in Ungheria riguardarono circa 100.000 persone.
La storia di Viktor Orbán
Orbán ha 48 anni e ha studiato legge in una celebre università di Budapest, la Eötvös Loránd. Nel 1988, insieme ad altri compagni di corso, fondò l’Alleanza dei Giovani Democratici, in ungherese Fidesz, con idee politiche estremamente liberiste e filo-occidentali, e con l’obbiettivo dichiarato di far ritornare l’Ungheria a far parte dell’Occidente. Orbán era molto ambizioso e aveva da parte sua un grande fascino personale: un ex calciatore professionista dal fisico atletico, oltre che un devoto calvinista con una famiglia numerosa. I giornalisti occidentali ebbero subito un’ottima impressione di lui.
Il suo primo momento di vera celebrità fu il 16 giugno 1989 a Budapest, quando, in una Piazza degli Eroi gremita, Orbán fu uno dei giovani leader dell’opposizione al morente regime comunista a salire sul palco e a tenere un discorso, durante la nuova cerimonia di sepoltura di diverse vittime della repressione del 1956, tra cui Imre Nagy, il primo ministro di allora. Chiesero elezioni democratiche e, per la prima volta nei paesi dell’Est, il ritiro dell’esercito sovietico dall’Ungheria. Quell’occasione pubblica fu un momento fondamentale nella delegittimazione del regime comunista ungherese.
Nel corso degli anni Novanta, i toni liberisti e filo-occidentali di Fidesz cambiarono piuttosto rapidamente, per lasciare spazio a un discorso più nazionalista e populista, contrario alla “colonizzazione” dei capitali stranieri nel paese. L’Ungheria stava attraversando le difficoltà del passaggio a un’economia di mercato e dell’integrazione europea, e gli ungheresi cambiavano rapidamente i governi: nel 1994 i nazionalisti moderati uscirono male dalle elezioni, come successe altri quattro anni più tardi ai comunisti riformisti e ai liberali (i Liberi Democratici) che avevano governato insieme fino al 1998. In quell’anno, Fidesz e altri due piccoli partiti di coalizione vinsero le elezioni, e Viktor Orbán, a 35 anni, diventò primo ministro.
Secondo Lendvai fu durante i primi quattro anni da primo ministro che Orbán poté crearsi le amicizie influenti tra gli uomini più ricchi e potenti dell’Ungheria, costruendo nel corso degli anni un apparato mediatico a lui favorevole di cui fanno parte i diffusi quotidiani Magyar Nemzet e Magyar Hírlap, la tv pubblica MTV e altre tv e radio come Hir TV e Lanchid Radio, diversi quotidiani gratuiti da metropolitana e molti siti web, come inforadio.hu.
Tutto questo, dice Lendvai, è stato decisivo per la vittoria trionfale alle elezioni legislative del 2010, in cui Fidesz ha ottenuto il 52% dei voti e 263 parlamentari dell’Assemblea Nazionale su 386. L’altro partito ad essere cresciuto decisamente è il partito di estrema destra, xenofobo e antisemita, Jobbik, che con Fidesz ha rapporti difficili da definire. Al momento siede all’opposizione, ma secondo alcuni Jobbik non è molto di più di una creatura di Fidesz. Jobbik ha ottenuto il 17% dei voti, una percentuale che sale al 23% nella fascia di età tra i 18 e i 29 anni.
foto: GEORGES GOBET/AFP/Getty Images