Alla manifestazione di Mosca
Il racconto di una città che riscopre la politica, tra fiori bianchi e vodka Putinka
di Augusto Come
È difficile spiegare cosa succede a Mosca in questi giorni. La città è in stato febbrile da ormai una settimana. Non si parla d’altro che di politica, argomento considerato fino a poco tempo fa lugubre, noioso e di cattivo gusto perfino nella mia università, l’Istituto Statale per le Relazioni Internazionali di Mosca. Da bastione conservatore che è allo stesso tempo un dipartimento del Ministero degli Esteri russo, si è trasformata in un focolaio liberale. Professori e studenti sospendono le lezioni per discutere delle elezioni, delle proteste, di cosa aspetti il paese. Se la grande maggioranza degli studenti è solidale con i manifestanti, sono in molti ad aver paura di scendere in piazza. Dall’inizio delle proteste sono state fermate centinaia di persone.
Alla manifestazione ci sono andato con Danila, un giovane cameraman, trent’anni scarsi. Il suo studio di produzione, che tratta da pubblicità di dentifrici a cortometraggi erotici , lavora a regime ridotto dall’inizio delle proteste. Danila è stato rilasciato martedì, dopo 24 ore di fermo. La polizia l’ha trattato bene, dice. “Mi hanno pure dato da mangiare”. Mosca ha aspettato impazientemente la manifestazione, a Bolotnaya Ploshad’. A metà tra parco e una piazza, la Bolotnaya si trova sull’isola della Moscova, il fiume che attraversa Mosca. È impossibile non trovarla: ci si arriva scortati da colonne di camionette e mezzi blindati. Hanno dispiegato perfino l’esercito.
La piazza è invasa. Ci si arrampica su ogni albero, lampione, monumento. Tutti vogliono vedere, vedersi. Non si capisce quanti siamo, ma quella di oggi è la più grande manifestazione dall’inizio degli anni Novanta. Il movimento sembra aver trovato un suo colore, il bianco. Si distribuiscono fiocchi, nastri, palloncini. Rose, mughetti, crisantemi. Nel candore dei propri fiori, ognuno ci vede un po’ quel che vuole. Per alcuni è il simbolo della non-violenza e della pacatezza della protesta. Per altri, il desiderio di un paese pulito e libero dalla corruzione. Per altri ancora rappresenta la pazienza e risolutezza dell’animo russo.
La folla continua ad affluire a Piazza Bolotnaya. C’è un viavai di gente impressionante. RiaNovosti, l’agenzia di stampa russa, lancia un allarme: il ponte occupato dai manifestanti in mancanza di spazio starebbe per cedere. Grazie al cielo il ponte regge e con esso il gigantesco striscione che cita Alexey Navalny: “IMBROGLIONI E LADRI, RESTITUITECI LE ELEZIONI!”.
Dopo quattro ore, la manifestazione si chiude: “Aspettateci di nuovo, non è finita qui!”. Sotto la neve Danila ringrazia i poliziotti e regala loro i suoi crisantemi bianchi. Le forze dell’ordine si sono comportante in modo impeccabile. Andiamo a festeggiare al “Fagiolo” dove ordiniamo della vodka e gli immancabili antipasti d’accompagnamento. Quando la cameriera si fa viva con in mano una bottiglia di “Putinka”, la “vodka del Presidente”, scoppia una generale risata. Si sprecano i brindisi “alla salute dei nuovi cittadini” e comincia una nuova nottata di discussioni infinite.
Cosa succederà nelle prossime settimane rimane un mistero per tutti. Si otterrà il ricalcolo dei voti e nuove elezioni? Probabilmente no. Quel che è sicuro, però, è che in Russia è finita un’era. La gente ha riscoperto la gioia di fare politica. Danila e suoi, in fondo, hanno già vinto.