L’Europa a 17 (più 6)
Niente accordo sul nuovo trattato, è stato decisivo il no di David Cameron: si va verso un patto comune tra i paesi dell'euro zona e con chi ci sta
Durante il vertice di stanotte a Bruxelles tra i 27 paesi dell’euro non si è raggiunto alcun accordo per modificare i trattati esistenti o stipularne di nuovi allo scopo di arginare e combattere la crisi dell’euro. Dopo una notte di colloqui, il presidente francese Nicolas Sarkozy ha detto che si lavorerà quindi a un accordo separato tra i 17 paesi dell’euro zona e altri sei paesi dell’Unione, “volontari”. L’accordo intergovernativo permetterà alle norme di entrare in vigore con più rapidità rispetto a quanto si sarebbe impiegato a modificare un trattato esistente o ratificarne uno nuovo.
Rimangono fuori il Regno Unito e l’Ungheria, che si sono detti contrari, mentre la Repubblica Ceca e la Svezia hanno detto di voler consultare i loro parlamenti prima di prendere posizione (ma la loro adesione è data per probabile). L’oggetto della contesa sono le nuove regole comuni, soprattutto sul rigore dei bilanci e sul fisco, che Francia e Germania vorrebbero fossero adottate dall’intera Unione Europea.
David Cameron ha detto che un simile accordo e una simile perdita di sovranità “non sono nell’interesse del Regno Unito”. Per questa ragione Cameron aveva proposto di stringere l’accordo con l’Unione Europea a patto di potersi tirare fuori da una delle misure previste, la tassazione sui servizi finanziari, la cosiddetta Tobin Tax. La misura inciderebbe parecchio sui servizi finanziari della City di Londra, e Cameron ha chiesto di essere esentato. “Non potevamo accettarlo”, ha detto Nicolas Sarkozy. Si fa probabile quindi l’adozione di un trattato intergovernativo, ma Sarkozy ha detto che non si tratta della premessa per arrivare a un’Europa a due velocità. Cameron ha detto che la sua è stata “una decisione difficile ma giusta”. Il premier britannico era arrivato al vertice dopo giorni di forti spinte all’interno del suo stesso partito verso un minor coinvolgimento del Regno Unito nelle politiche dell’UE.
Il nuovo accordo dovrebbe essere pronto a marzo. Comprenderebbe la creazione di due fondi di salvataggio – non solo il noto EFSF, ma anche lo European Stability Mechanism, ESM – gestiti dalla Banca Centrale Europea. Si parla poi di strumenti volti ad accentuare “l’unione fiscale” dei paesi europei, con meccanismi di coordinamento economico e paletti finanziari precisi per i paesi aderenti, con sanzioni quasi automatiche per chi li infrange. Le trattative tra i capi di Stato e di governo sono cominciate durante una cena informale e si sono concluse soltanto alle 4 del mattino.
Ieri intanto il Consiglio direttivo della Banca Centrale Europea ha deciso di abbassare il tasso di interesse di riferimento, quello a cui la BCE presta alle banche commerciali, dello 0,25 per cento, portandolo all’1 per cento. La mossa era stata prevista dai mercati, che si aspettavano un taglio di un quarto di punto o di mezzo punto percentuale. La BCE aveva già tagliato il tasso di interesse lo scorso 3 novembre, solo due giorni dopo l’inizio del mandato di Mario Draghi come direttore della Banca. «È un ottimo risultato per i paesi dell’euro», ha detto Mario Draghi commentando l’accordo di stanotte, «e sarà la base per una nuova compattezza fiscale e politiche economiche più disciplinate».
foto: AP Photo/Michel Euler