La fuga dei cervelli americani
Mentre sempre più italiani vanno a lavorare negli Stati Uniti, sempre più americani vanno a cercare fortune da un'altra parte
Ogni anno centinaia di laureati e ricercatori italiani lasciano il nostro paese alla ricerca di posti di lavoro migliori e di opportunità di carriera all’estero. Il fenomeno, la cosiddetta “fuga dei cervelli”, è particolarmente noto e diffuso: complice la crisi economica, però, sta iniziando a interessare anche paesi che un tempo erano visti come la meta ideale per migliori opportunità, come gli Stati Uniti. Secondo una recente ricerca condotta da Gallup, gli Stati Uniti sono ai primi posti della classifica dei paesi preferiti da chi si vuole trasferire per intraprendere una nuova professione, eppure la percentuale di statunitensi che pensa di trasferirsi all’estero continua ad aumentare.
In due anni, spiega Chris Taylor di Reuters, il numero di cittadini tra 25 e i 34 anni che vogliono trovare impiego fuori dagli Stati Uniti è quintuplicato, passando dall’uno al 5,1 per cento. I dati sono forniti dalla società di consulenza America Wave, che ha condotto nove diversi tipi di ricerche sul tema negli ultimi anni. Molti dicono di voler cercare qualcosa all’estero perché ritengono che gli Stati Uniti non stiano andando da nessuna parte. Mancano le opportunità e il tasso di disoccupazione sopra il 9 per cento, dato molto alto per il paese, non aiuta a trovare impieghi soddisfacenti.
Il dipartimento di Stato stima che attualmente siano almeno 6,3 milioni gli statunitensi che studiano e lavorano all’estero. Molti tra i 18 e i 24 anni dicono di voler imitare i loro concittadini che se ne sono andati. Si stima che in questa fascia di età quelli desiderosi di emigrare in altri paesi siano aumentati del 15 per cento in un paio di anni.
Chi vuole trovare lavoro all’estero si affida ad agenzie di collocamento, oppure usa servizi online come Monster, siti di annunci come Craigslist o i social network. Le informazioni sono facilmente accessibili e si rivelano utili per farsi un’idea delle opportunità che ci sono fuori dagli Stati Uniti, spesso in paesi con economie emergenti e alla ricerca di personale altamente formato. Tra i siti più utilizzati c’è anche TransitionAbroad, che fornisce diverse opzioni e spunti per iniziare la ricerca di un nuovo lavoro. Sono anche indicati i requisiti burocratici necessari per ottenere i visti lavorativi e gli altri permessi.
Passando dai dati astratti ai casi particolari, Taylor racconta la storia di Derek Capo. Aveva una ventina di anni e lavorava come analista per un fondo di investimenti a Miami. C’erano le prime avvisaglie della crisi economica e il lavoro non gli dava grandi soddisfazioni: voleva sperimentare qualcosa di nuovo e mettersi in gioco in prima persona. Nel 2007 lasciò gli Stati Uniti per iniziare una nuova carriera all’estero. Ora vive a Pechino, dove ha fondato Next Step China, una società che si occupa di formare chi arriva dall’estero e vuole lavorare in Cina. L’azienda offre corsi per imparare il cinese e trova contatti per avviare collaborazioni e rapporti lavorativi con le società di diverse aree del paese.
Come molti altri statunitensi, Capo racconta di aver scelto la Cina perché, nel periodo in cui iniziò la crisi negli Stati Uniti, le economie emergenti orientali continuavano a crescere rapidamente. Altri giovani imprenditori hanno scelto altre mete trovando fortuna nell’America Latina e in Brasile, la cui economia ha iniziato a rallentare solamente ora dopo anni di rapida crescita, con numerose opportunità per avviare nuove imprese.
Matt Landau ha scelto come Capo di provare con una nuova carriera all’estero dopo essersi laureato alla University of Richmond (Virginia). Ha 29 anni e ora vive a Panama, dove lavora in un hotel e ha aperto un blog che si occupa di dare informazioni per viaggi e investimenti nel paese. È stata una scommessa, racconta, che si è rivelata vincente specialmente se confrontata con le esperienze lavorative di molti suoi amici o compagni di università, che si barcamenano dalle parti di Wall Street sperando di non essere licenziati a causa delle riorganizzazioni aziendali rese necessarie dalla crisi.
Nell’ultimo tempo sociologi ed esperti hanno analizzato le dinamiche della fuga dei cervelli dagli Stati Uniti. Sono stati pubblicati libri e ricerche in tema, per studiare il fenomeno e per offrire suggerimenti a chi decide di partire. Le regole più comuni sono dettate dal buon senso: fare un piano preciso sulla base dell’attività che si vuole intraprendere, valutandone pro e contro; fare una stima di quanto tempo si vuole trascorrere all’estero; porsi una serie di obiettivi da raggiungere; cercarsi un lavoro che dia conoscenze e capacità spendibili anche nel caso di un ritorno nel proprio paese.