Cameron ha un problema col suo partito
Molti parlamentari conservatori tornano a minacciare una crisi di governo se il premier non diminuirà gli impegni del Regno Unito nei confronti dell'UE
Venerdì prossimo il primo ministro britannico David Cameron parteciperà all’incontro di Bruxelles dei capi di governo dei paesi dell’Unione Europea. Le misure che saranno discusse verranno probabilmente messe a punto domani, nell’incontro a Parigi tra Angela Merkel e Nicolas Sarkozy. Secondo gli esperti, riguarderanno un coordinamento fiscale più stretto tra i 17 paesi della zona euro: una soluzione del genere però terrebbe da parte, anche dal punto di vista politico, i dieci paesi che non hanno la moneta unica, compreso il Regno Unito.
I molti euroscettici del partito conservatore di David Cameron, di conseguenza, sono tornati alla carica chiedendo di diminuire gli impegni del Regno Unito nei confronti dell’Unione Europea, e rischiano di trascinare Cameron in una serie di scontri durissimi all’interno del suo stesso partito simile a quella che dovette affrontare John Major negli anni Novanta per ottenere l’approvazione del parlamento inglese al trattato di Maastricht.
Durante l’attuale crisi, Cameron ha finora tenuto la posizione di chiedere un’azione incisiva dei governi europei senza rimettere mano ai trattati, sostenendo che modifiche alle leggi fondamentali dell’UE richiederebbero troppo tempo per essere ratificate da tutti i 27 paesi membri, alcuni dei quali terrebbero referendum. La Francia e la Germania stanno andando in direzione molto diversa, e nelle ultime settimane ci sono stati duelli verbali anche piuttosto accesi tra Sarkozy e Cameron.
In patria, i parlamentari inglesi più euroscettici del suo partito si sono rifatti sentire in questi giorni, ripresentando la proposta di referendum che a fine ottobre aveva portato alla defezione durante il voto di 81 parlamentari conservatori e all’astensione di altri 15, numeri storici per le maggioranze di governo inglesi, solitamente molto leali. Il referendum che chiedono gli euroscettici potrebbe riguardare sia eventuali cambiamenti ai trattati europei, sia l’appartenenza stessa del Regno Unito all’Unione Europea. Chiedono inoltre che si lavori a strumenti legislativi per sottrarre il Regno Unito alla legislazione europea, soprattutto nei campi dell’occupazione e delle politiche sociali.
Un parlamentare conservatore ha detto al Sunday Telegraph che se Cameron non esprimerà chiaramente cosa ha intenzione di fare in una Unione Europea divisa in due, con i dieci paesi che non hanno l’euro messi da parte, si ripeterà la rivolta di ottobre, ma ci saranno anche le dimissioni di alcuni ministri conservatori che attualmente fanno parte del governo.
Chris Heaton-Harris, un altro politico conservatore, europarlamentare dal 1999 al 2009, ha scritto allo stesso Sunday Telegraph che i membri dell’Unione Europea che non fanno parte dell’euro dovrebbero essere in grado di revocare qualsiasi delega di poteri e decisioni politiche a Bruxelles unilateralmente, con un semplice voto dei parlamenti nazionali. John Redwood, un altro euroscettico che in passato è stato ministro del governo Major e che è tra i politici conservatori più influenti, ha argomentato che Cameron dovrebbe ottenere dagli altri leader europei un meccanismo simile, aggiungendo che sarebbe nell’interesse di tutti: del Regno Unito, perché “ci libererebbe da regole che in molti casi il popolo britannico non vuole”, e della Germania e della Francia, che non dovrebbero più sopportare gli attriti e i rallentamenti causati dalle obiezioni britanniche alle proposte di legislazione.
foto: ANDREW YATES/AFP/Getty Images