La vittoria annunciata dei Fratelli Musulmani
I risultati ufficiali delle elezioni in Egitto saranno annunciati domani ma il verdetto è praticamente certo e possiamo iniziare a capirci qualcosa
Aggiornamento. La tv di Stato egiziana ha comunicato che la giunta militare ha rinviato a domani l’annuncio sui risultati ufficiali delle elezioni.
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I risultati ufficiali saranno annunciati solo tra qualche ora, ma è ormai praticamente certo che i partiti islamici hanno vinto il primo turno delle elezioni parlamentari in Egitto. Al primo posto ci sono i Fratelli Musulmani, che attraverso il partito Libertà e Giustizia hanno ottenuto la maggioranza al Cairo, a Luxor, a Port Said e nell’area del canale di Suez. Al secondo posto ci sono i salafiti del partito al Nour e soltanto al terzo posto il partito laico del Blocco Egiziano. Le elezioni, che si sono tenute domenica e lunedì in 9 delle 27 circoscrizioni elettorali del paese, servono a eleggere un Parlamento con l’incarico di scrivere entro il 2012 la nuova Costituzione.
I Fratelli Musulmani sono diventati la principale forza politica in Egitto dopo la caduta di Mubarak, di cui avevano costituito una delle opposizioni principali già durante il suo regime. Un successo dovuto in parte al loro forte radicamento nel tessuto sociale del paese, prima ancora che in quello politico, e in parte alla loro abilità di piegare le complesse regole del sistema elettorale egiziano in loro favore. Lo spiega Charlene Gubash su NBC.
Nel quartiere di Saida Zeinab, in uno dei seggi più affollati della città, abbiamo visto alcuni membri del partito Giustizia e Libertà distribuire volantini alle persone in fila, in violazione di quanto previsto dalle norme sulla campagna elettorale. Nello stesso posto, un altro membro del partito, seduto su una panchina con un computer sulle gambe, conduceva exit poll in tempo reale. E in uno dei quartieri più poveri del Cairo, noto con il nome La Macelleria, rappresentanti dei Fratelli Musulmani distribuivano pacchi di riso e olio ai votanti che si stavano dirigendo verso i seggi. Dato l’enorme numero di partiti e candidati – oltre 4.000 – la maggior parte dei votanti è stata spinta a scegliere le formazioni politiche che conoscevano già e in questo modo i Fratelli Musulmani hanno avuto un enorme vantaggio.
Chi è stato dalla parte di Mubarak, in questi anni e in questi giorni, lo ha fatto soprattutto sostenendo che una soluzione democratica avrebbe aperto la strada all’estremismo dei Fratelli Musulmani, portando instabilità nell’intera regione. Gli Stati Uniti avevano accolto favorevolmente il loro coinvolgimento nei colloqui fin dalla prime fasi della rivoluzione, ma erano sempre restate molte perplessità sulla loro reale disponibilità di adesione a un programma politico autenticamente democratico, che rinunci ai precetti del fondamentalismo islamico.
E finora i fatti sembrano avere confermato questi timori. Subito dopo la rivoluzione di gennaio, i Fratelli Musulmani avevano promesso che avrebbero partecipato alle elezioni soltanto per il 30 percento dei seggi parlamentari, ma poco dopo hanno deciso di gareggiare per tutti i seggi disponibili. Allo stesso modo, hanno annunciato che presenteranno un loro candidato alle elezioni presidenziali dopo che in un primo momento avevano assicurato che non l’avrebbero fatto.
A questo punto molti analisti si domandano che cosa succederà se i Fratelli Musulmani saranno chiamati a formare un nuovo governo, e il timore è sempre lo stesso: che la fine del regime di Mubarak possa aprire la strada a un governo islamico radicale. La vittoria dei Fratelli Musulmani non è mai stata davvero in discussione, ma un eventuale secondo posto del fronte laico avrebbe reso possibile una coalizione capace di dare garanzie sull’equilibrio della futura assemblea costituente. Il secondo posto dei Salafiti, invece, rende probabile una loro alleanza con i Fratelli Musulmani e la formazione di un fronte religioso compatto opposto a un fronte laico nettamente minoritario. Bisogna ricordare, comunque, che quelli di oggi sono ancora risultati parziali: le votazioni non saranno complete fino a gennaio, quando si sarà votato anche a Suez, Aswan, Ismaylia, nel Sinai e sulla costa mediterranea.
Tra i miei amici egiziani c’è molta paura di un futuro in cui la politica sia guidata da un lato da un partito islamico e dall’altro da un esercito ultranazionalista. Io non penso che debba essere così, ma penso che ci possa essere una lenta transizione verso un sistema realmente democratico con una vera alternanza di potere. Le forze liberali ora devono prendere decisioni difficili e fare alleanze sia con i partiti islamici che con personaggi fino a poco tempo fa associati al partito di Mubarak. La lezione più grande di questo risultato è che i partiti non islamici in Egitto si devono organizzare e devono collaborare molto meglio di quanto abbiano fatto finora. Su tutto, devono riuscire a entrare in contatto con l’egiziano medio, che non li ha votati.