Il punto sulle pensioni
Di cosa stanno parlando in queste ore partiti e sindacati, in attesa che il governo descriva gli interventi della manovra
Da qualche giorno la politica italiana è tornata a discutere del sistema pensionistico e dei possibili interventi per modificarlo. Si dà per scontato, infatti, che nella manovra economica che il governo presenterà lunedì 5 dicembre saranno presenti alcuni interventi sulle pensioni, e questo sta generando qualche nervosismo. Tra i partiti perché molti hanno detto non senza qualche nervosismo di non avere idea di cosa stia preparando il governo. Tra i sindacati perché ieri Susanna Camusso, segretario generale della CGIL, si è detta categoricamente contraria a interventi sulle pensioni di anzianità, e la stessa cosa è stata detta oggi da Raffaele Bonanni, segretario della CISL.
Il Post aveva spiegato un mese fa il funzionamento delle pensioni in Italia. Intanto basti sapere che ci sono due tipi principali di pensioni, quelle di vecchiaia e quelle di anzianità, e che la prima è quella che si ottiene dopo aver raggiunto la cosiddetta “età pensionabile”, mentre la seconda è quella che si ottiene prima di aver raggiunto l’età per ottenere la pensione di vecchiaia, dopo avere accumulato un certo numero di anni di contribuzione. L’altra cosa da sapere è che oggi esistono tre sistemi pensionistici diversi in Italia – retributivo, contributivo e misto – e due di questi sono destinati a estinguersi man mano che tutti i lavoratori che li utilizzano andranno in pensione. Un giorno avremo solo il sistema contributivo, che si applica dal 1996 e si basa sulla somma dei contributi che i lavoratori hanno versato nella loro intera vita lavorativa. L’importo annuo della pensione viene calcolato moltiplicando il montante per un coefficiente di trasformazione, un numero che varia a seconda dell’età del lavoratore al momento in cui è andato in pensione.
Con l’attuale sistema contributivo può andare in pensione di vecchiaia chi ha compiuto i 65 anni di età a patto che abbia versato almeno cinque anni di contributi. Nel caso del sistema retributivo c’è invece una differenza tra uomini e donne: i primi vanno in pensione con 65 anni di età, le seconde con 60 anni. Devono avere, inoltre, 20 anni di contributi versati.
Le pensioni di anzianità funzionano diversamente. Il calcolo si basa sugli anni effettivi di contributi. Ci sono diversi scaglioni, nel sistema contributivo, e richiedono 35 anni di contributi: nel biennio 2008 – 2009 ha potuto chiedere la pensione chi aveva compiuto 60 anni di età (61 se autonomo), nel periodo 2010 – 2013 la possono richiedere coloro che hanno compiuto i 61 anni di età (62 se autonomi) e dal 2014 potranno richiederla quelli con 62 anni di età (63 per gli autonomi). C’è poi la possibilità di richiedere la pensione a prescindere dall’età anagrafica, se sono stati versati 40 anni di contributi: è la soglia che Susanna Camusso ha definito “numero magico”, da non oltrepassare.
Il presidente del Consiglio, Mario Monti, aveva parlato di pensioni durante il suo discorso programmatico in Senato, dicendo così:
Negli scorsi anni la normativa previdenziale è stata oggetto di ripetuti interventi, che hanno reso a regime il sistema pensionistico italiano tra i più sostenibili in Europa e tra i più capaci di assorbire eventuali shock negativi. Già adesso l’età di pensionamento, nel caso di vecchiaia, tenendo conto delle cosiddette finestre, è superiore a quella dei lavoratori tedeschi e francesi. Il nostro sistema pensionistico rimane però caratterizzato da ampie disparità di trattamento tra diverse generazioni e categorie di lavoratori, nonché da aree ingiustificate di privilegio.
Il ministro del Welfare, Elsa Fornero, era intervenuta pochi giorni dopo per dire che la riforma delle pensioni in Italia è «largamente già fatta» ma ha bisogno di «tempi più accelerati», facendo capire che il governo avrebbe avvicinato l’entrata in vigore di misure oggi fissate per il futuro più o meno lontano: l’estensione a tutti del sistema contributivo, l’adeguamento dell’età pensionabile delle donne a quella degli uomini, l’aggancio dell’età pensionabile all’aspettativa di vita, oggi prevista a partire del 2013. Nei giorni scorsi i giornali hanno cominciato ad avanzare delle ipotesi più concrete su quanto il governo avrebbe intenzione di inserire nella manovra: il blocco, totale o parziale, di almeno un anno, del recupero dell’inflazione sui trattamenti, e l’innalzamento dell’età richiesta per accedere alle pensioni di anzianità, dagli attuali 40 anni a 41-43. CGIL e CISL si sono opposti a entrambe le misure. Né Elsa Fornero né Mario Monti hanno fornito ulteriori dettagli sulle loro intenzioni.
fonte: Lapresse