Quelli che scapparono dall’URSS
Da Nureyev a Navratilova, le fughe dal blocco comunista che fecero notizia come quella di Svetlana Alliluyeva, la figlia di Stalin morta la settimana scorsa negli Stati Uniti
Il 22 novembre è morta in Wisconsin Svetlana Alliluyeva, figlia di Josif Stalin, che negli anni Sessanta era scappata dall’Unione Sovietica verso gli Stati Uniti, rinnegando il comunismo e il regime di suo padre. Durante i settant’anni di dittatura comunista in Russia e nei paesi del Patto di Varsavia, nonostante le misure che limitavano la libertà di spostamento dei cittadini, migliaia di persone cercarono nei modi più diversi di scappare in Europa e negli Stati Uniti. Tra loro ci furono numerosi diplomatici, artisti, atleti e musicisti, che ottenevano speciali permessi per esibirsi all’estero e ne approfittavano per non tornare più. Nel 1961 il grande ballerino di danza classica Rudolf Nureyev si trovava in tournée a Parigi e decise di non salire sull’aereo che l’avrebbe riportato in Russia. Nel 1975 la tennista ceca Martina Navratilova andò all’ufficio immigrazione di New York dopo aver perso la semifinale degli US Open e disse di non voler tornare: un mese dopo ottenne una green card. Altri fuggirono in modo più rocambolesco e avventuroso. Il tenente colonnello del KGB Yuri Nosenko, che per alcuni tempi aveva fatto la spia per la CIA, chiese asilo per il timore di essere stato scoperto dai colleghi sovietici. Oleg Gordiesvky, colonnello del KGB che fece la spia per l’MI6, il servizio segreto britannico, scappò dall’Unione Sovietica attraversando a piedi – di corsa – il confine finlandese.