Le sanzioni contro la Siria
La Lega Araba è passata ai fatti e ora per Assad le cose si mettono molto male
La Lega Araba ha approvato oggi le sanzioni contro la Siria annunciate nei giorni scorsi. Si tratta di un duro colpo per il regime del presidente Bashar al Assad, che ha sempre presentato la Siria come il baluardo del nazionalismo arabo. Serviva una maggioranza di almeno due terzi del consiglio internazionale panarabo per approvare le misure e così è stato: i ministri degli esteri di 19 paesi su 22 hanno votato a favore, mentre contrari si sono dichiarati Iraq, Libano e Giordania. Le principali sanzioni includono: l’interruzione di ogni rapporto con la Banca Centrale siriana; lo stop ai fondi dei paesi arabi destinati a progetti in Siria; il divieto di ingresso nei paesi arabi per i ministri siriani; il congelamento dei conti bancari legati a membri del governo di Assad. Tutte le sanzioni, ha puntualizzato il Qatar, saranno immediatamente attive.
La Lega Araba ha deciso di punire la Siria dopo che Assad non ha accettato il piano dell’organizzazione internazionale che includeva, oltre alla fine della repressione violenta del dissenso e delle manifestazioni, l’invio nel paese di circa 500 osservatori internazionali. La Siria, che invece era disposta ad accettare al massimo 40 osservatori e poneva altre condizioni dal punto di vista diplomatico e giuridico, ha ignorato l’ultimatum scaduto nella tarda serata di venerdì. Sul piano della politica estera, per Assad si tratta probabilmente del momento peggiore da quando ha ereditato il potere dal padre Hafez. Le sanzioni della Lega Araba si vanno ad aggiungere a quelle degli Stati Uniti e dell’Unione Europea, che da diverse settimane hanno tagliato i prestiti alla Siria e limitato l’esportazione di petrolio.
In Siria, intanto, le violenze continuano: ieri ci sono stati i funerali di 22 militari dell’esercito governativo, uccisi negli ultimi giorni in una serie di imboscate, mentre l’esercito di disertori denominato Free Syrian Army sembra essere in crescita numerica e di sostegno. Oggi, secondo le associazioni per i diritti umani, sono stati uccisi altri dieci civili, la maggior parte ad Homs. Dall’inizio della rivolta nello scorso marzo, secondo l’ONU, sono morti nelle violenze oltre 3.500 civili.