Le vedove dell’Iraq
Quasi una donna su dieci nel paese è rimasta sola con molti figli a carico, lo Stato fa poco e c'è chi rimpiange i tempi in cui c'era Saddam
Tre anni fa, durante una conferenza stampa a Baghdad, un giornalista iracheno lanciò le sue scarpe contro il presidente americano George W. Bush. Il reporter, il 28enne Muntader al Zaidi, annunciò alla sala il suo attacco «in nome delle vedove di guerra e degli orfani del paese». Una questione sociale molto sentita nell’Iraq in questi anni di guerra e di grandi conflitti interni e che si aggrava di anno in anno. A pochi giorni dal ritiro completo delle truppe americane, infatti, in Iraq aumentano le vedove che hanno perso i propri mariti in guerra o a causa degli attentati.
Il problema è di lunga data nel paese e risale alla guerra contro l’Iran (1980-1988), ma negli ultimi tempi si è ulteriormente aggravato. Il picco si è verificato nel 2006, quando a causa della violenza settaria nel paese, in media quasi cento donne al giorno rimanevano vedove. Secondo le autorità locali, oggi in Iraq ci sono almeno 900mila vedove, ossia il nove per cento della popolazione femminile del paese, anche se la Croce Rossa e altre organizzazioni umanitarie come Relief International alzano le stime fino a un milione e mezzo. Secondo il Ministero della Donna di Baghdad ci sono almeno 2 milioni di donne capofamiglia in Iraq. Sette milioni di persone vivono sotto la soglia di povertà e di queste più della metà sono donne.
Per coloro che hanno perso i propri mariti, trovare un nuovo compagno non è affatto semplice. Dopo decenni di guerre e combattimenti, in gran parte dell’Iraq le donne sono più degli uomini e spesso riescono a risposarsi solo vedove giovani con uno, al massimo due figli a carico. Le altre, per la maggior parte donne di mezza età con una prole molto più ampia cui badare, hanno ben poche speranze di rifarsi una vita. Qualcuno, per risolvere il problema, ha addirittura pensato a un ritorno della poligamia. Ma è lo Stato, secondo molte di loro, che dovrebbe fare molto di più.
Non poche donne irachene pensano che con Saddam Hussein si stesse meglio. Durante il suo regime, infatti, gran parte delle vedove del paese ricevevano un sussidio mensile, oltre ad appezzamenti di terreno una tantum e anche automobili per muoversi liberamente. Inoltre, i militari che sposavano vedove di guerra venivano premiati dallo Stato. Dopo l’invasione delle truppe americane, questi benefit sono scomparsi insieme all’ex dittatore.
Nel 2009, tuttavia, il parlamento iracheno ha approvato una nuova legge per gli indennizzi per le famiglie dei caduti in guerra, che prevede risarcimenti fino a 5 milioni di dinari iracheni (circa 3230 euro) e una commissione speciale di sostegno ai familiari delle vittime è stata istituita lo scorso luglio. Ma spesso questi benefici arrivano solo dopo una lunga trafila. E, di fatto, oggi lo Stato iracheno sovvenziona regolarmente solo 86mila vedove. Di norma il sussidio è di soli 100mila dinari iracheni (circa 65 euro) al mese per donna, che riceve altri 15mila dinari (9,8 euro) per ogni figlio. Una somma insufficiente, visto che, stando al piano del governo che vuole ridurre i poveri in Iraq al 16 per cento della popolazione entro il 2014, oggi la soglia di povertà individuale si attesta intorno ai 77mila dinari al mese (circa 50 euro).
Tuttavia, numerosi programmi privati stanno cercando di migliorare la situazione delle vedove irachene, come quello della United States Agency for International Development che aiuta le donne che investono le loro sovvenzioni in piccole attività. Recentemente, inoltre, dei 16,2 milioni di euro sequestrati alla compagnia scozzese Weir Group per tangenti al regime di Saddam in cambio di affari lucrosi (lo scandalo “Oil for Food”), circa 120mila sono andati all’associazione umanitaria Oxfam, che li devolverà in progetti per aiutare le vedove irachene.
AP Photo/Hadi Mizban, File