Una scomoda verità

All'Italia servono crescita, rigore ed equità, spiega Michele Salvati sul Corriere, ma per la prima ci vuole molto tempo: quindi investiamo sulle altre due

L’articolo di Michele Salvati sul Corriere di oggi mette a fuoco il principale nodo che dovrà affrontare il governo di Mario Monti, il cosiddetto trilemma tra crescita, rigore ed equità.

Comunque vada, dobbiamo gratitudine a Giorgio Napolitano e a Mario Monti. Al primo per aver organizzato un passaggio, rapido come esigevano le circostanze ma nel pieno rispetto della Costituzione, all’unico governo che ci dà qualche speranza di superare la crisi economica e politica in corso. Al secondo per aver accettato un incarico arduo, nello spirito di un moderno Cincinnato. Come il dictator romano, anche Monti, esaurito il suo compito, si ritirerà a vita privata. Ma a differenza di Cincinnato, non avrà i pieni poteri: la democrazia non è sospesa e la Camera e il Senato dovranno approvare ogni sua iniziativa. E questo rende il compito di Mario Monti assai più difficile. Sono poco più di titoli quelli enunciati da Monti nel discorso programmatico letto alle Camere, ma già chiarissimi: essi prospettano quella soluzione del trilemma tra rigore, crescita ed equità che la migliore riflessione economico-sociale sul caso italiano addita da tempo. Il diavolo sta però nei dettagli e le varianti di ogni riforma sono numerose. Come si comporteranno i politici, che siedono in Parlamento ma non al governo? Come collaboratori leali e in buona fede, pronti a rinunciare a soluzioni che ritengono più favorevoli ai loro interessi di partito? Dediti al compito di disegnare il contesto — elettorale e costituzionale — nel quale la politica competitiva dovrà tornare a svolgersi una volta che questo scorcio di legislatura si sarà esaurito? Difficile farsi illusioni: il governo sarà probabilmente esposto a trappole e ricatti, a tentativi di mercanteggiamento, a minacce di defezione. Come reagirà? Il desiderio di Monti di avere i grandi capipartito nel suo governo, o il suggerimento di Napolitano di includervi Amato e Letta rispondevano in diverso modo a questa evidente debolezza politica. Monti dispone di una sola arma, poderosa, troppo poderosa, ed efficace solo se è rimasto un poco di razionalità e responsabilità nazionale nei partiti: la minaccia di dimissioni se il suo programma viene sfigurato, ciò che precipiterebbe il Paese nel caos. Ma l’uso di questa arma comprometterebbe la stessa immagine del premier e sarebbe poco credibile per partiti usi a mercanteggiare su tutto. Quanto poi alla razionalità e al senso di responsabilità nazionale i partiti ne dispongono come lo scorpione del famoso apologo sull’attraversamento del fiume in groppa alla rana: è vero, se ti pungo affoghiamo entrambi, ma pungere è nella mia natura. La difficoltà maggiore è però di natura economica. Monti ha sottolineato con forza la gravità della crisi e affermato con altrettanta forza che l’unica soluzione è tornare a crescere. È però il primo a sapere che le misure mirate ad elevare la produttività e l’efficienza nei settori privati e pubblici che il suo programma identifica avranno rendimenti molto differiti nel tempo. Da dove proverrà, nei prossimi tre o quattro anni, la domanda che deve sostenere la crescita? Da un radicale mutamento di aspettative di famiglie e imprese, che le indurrà a consumare e investire di più? È una speranza piuttosto tenue.

(continua a leggere sulla rassegna stampa della Camera)