I 5 premier fatti fuori dalla crisi
Chi sono i capi di governo che nel 2011 hanno gettato la spugna
Con le dimissioni di Silvio Berlusconi, è caduto ufficialmente l’ultimo governo dei cosiddetti PIIGS (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna), acronimo che rimanda all’inglese “maiali” e che viene associato ai paesi europei dalle condizioni economiche più fragili. Tutti e cinque i primi ministri dei governi dei PIIGS hanno perso il potere nel 2011.
Brian Cowen
L’ex primo ministro irlandese, erede predestinato (ma molto meno carismatico) dello storico premier Bertie Ahern, è diventato nell’aprile 2008 leader del partito repubblicano Fianna Fáil e del governo del paese dopo le dimissioni di Ahern, sotto processo per corruzione. Poco dopo la nomina ricevuta dal parlamento, tuttavia, Cowen ha dovuto affrontare uno dei momenti più bui dell’Irlanda, travolta dalla crisi economica del 2008-2009 che ha interessato soprattutto il settore bancario del paese. Cowen è stato costretto a chiedere aiuto alla comunità internazionale per evitare il default. Le misure di austerity successivamente approvate hanno danneggiato ulteriormente l’immagine di Cowen, che è stato accusato, anche dal suo partito, di non aver reagito adeguatamente alla crisi finanziaria. Le dimissioni di sei ministri lo hanno costretto ad anticipare le elezioni nel marzo 2011, vinte a sorpresa dal partito centrista Fine Gael di Enda Kenny, ora premier di un governo di coalizione con il partito laburista irlandese.
José Luis Rodriguez Zapatero
Il leader del partito socialista spagnolo era stato rieletto per un secondo mandato il 9 marzo 2008, dopo un primo governo relativamente tranquillo e segnato da numerose leggi nel campo dei diritti sociali. Nel secondo mandato, però, Zapatero ha incontrato grosse difficoltà per via della crisi economica globale. In particolar modo, l’economia spagnola ha subito gli effetti negativi di una bolla immobiliare che ha messo in crisi uno dei settori trainanti del paese. La disoccupazione a livelli altissimi (attualmente quella giovanile rasenta addirittura il 45 per cento) e le proteste di piazza hanno accelerato la fine del suo governo, per il quale anche il rimpasto dell’ottobre 2010 si è rivelato inutile. Il 2 aprile 2011 Zapatero ha annunciato di non volersi ricandidare alle elezioni, che si terranno domenica prossima e che vedono favorito il leader del partito popolare Mariano Rajoy. Il suo avversario sarà il candidato del partito socialista Alfredo Rubalcaba, già vicepremier di Zapatero.
José Sócrates Carvalho Pinto de Sousa
Leader del partito socialista portoghese, anche lui è caduto al secondo mandato di governo, durante il quale, a differenza del primo, non ha goduto di una solida maggioranza parlamentare. La crisi economica che ha colpito il Portogallo, causata principalmente da una crescita economica quasi inesistente, salari troppo alti e sprechi vari, ha fatto il resto. Come Cowen, Sócrates è stato accusato di incapacità nel gestire l’emergenza e, nell’aprile 2011, la bocciatura parlamentare e popolare del suo piano di austerità per scongiurare il ricorso agli aiuti internazionali anticrisi ha sancito definitivamente la sua sconfitta. Nelle elezioni legislative dello scorso giugno il suo partito è stato sconfitto dal partito Social Democratico (PSD), di centro destra, guidato da Pedro Passos Coelho.
George Papandreou
Leader del partito socialista greco PASOK, Papandreou ha vinto le elezioni il 4 ottobre 2009. Dopo solo due settimane il nuovo governo aveva fatto un annuncio drastico, descrivendo come catastrofica la situazione dei conti pubblici greci. Il precedente esecutivo del premier conservatore Costas Karamanlis aveva truccato i conti, diceva Papandreou, e aveva portato il debito pubblico da 160 a 300 miliardi. Mentre il valore dei titoli di Stato greci schizzava a livelli da record, l’Europa ritardava gli aiuti internazionali ma poi accordava alla Grecia due pacchetti di salvataggio per un totale di 270 miliardi di euro, in cambio di drastiche misure di austerità che scatenavano la rabbia popolare e laceravano la maggioranza di governo. Prima di dimettersi e lasciare spazio a un esecutivo tecnico guidato dall’ex vicepresidente della Bce Lucas Papademos, Papandreou, per salvare la propria immagine politica e magari ricandidarsi alle successive elezioni legislative, aveva annunciato un referendum popolare sui tagli chiesti dall’Europa. Un’ipotesi poi scartata su pressione dell’Unione Europea.
Silvio Berlusconi
Leader del partito di centrodestra Popolo della Libertà, vincitore delle elezioni politiche del 2008, è stato nominato premier italiano per la quarta volta l’8 maggio 2008. Nonostante importanti vittorie elettorali anche dopo la sua nomina, come le consultazioni europee e regionali del giugno 2009, il suo governo di coalizione con la Lega Nord si è lentamente sfaldato: il rapporto con Gianfranco Fini si è logorato fino a portare a una scissione del suo partito, con la nascita di Futuro e Libertà. Dopo mesi di instabilità parlamentare, la crisi economica ha segnato la fine del suo governo, compromesso dall’innalzamento dello spread (il differenziale di titoli decennali Btp/Bund), dal crollo della borsa, dalla crescita del già altissimo debito pubblico e da una grossa perdita di credibilità internazionale. Il 12 novembre 2011, dopo che qualche giorno prima un voto alla Camera aveva sancito la definitiva perdita della maggioranza parlamentare, si è dimesso da Presidente del Consiglio.
Foto: Brian Cowen e, di spalle, Silvio Berlusconi e Georgios Papandreou.
(AP Photo/Yves Logghe)