Lo strano dirottamento del Kartepe
Il traghetto turco è stato assalito ieri e un dirottatore è stato ucciso dalle forze speciali che ora incolpano i ribelli curdi
Il dirottamento del traghetto turco Kartepe, preso ieri sera in ostaggio nel Mar di Marmara, è terminato all’alba. Il dirottatore, un ragazzo «tra i 28 e i 30 anni», è stato ucciso dalle forze speciali turche che all’alba di sabato, alle 5.35 ore locali (le 3.35 in Italia), hanno fatto irruzione sul battello attraccato al porto di Silivri, a pochi chilometri da Istanbul, perché a corto di carburante. I passeggeri, alcuni dei quali si sono tuffati in mare subito dopo il dirottamento, e l’equipaggio del traghetto starebbero tutti bene. Il governatore di Istanbul, Huseyin Avni Mutlu, ha dichiarato nella notte: «È chiaro che siamo di fronte a un’azione di stampo terroristico», con un chiaro riferimento ai militanti curdi del Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK).
Il caso, tuttavia, ha ancora diversi punti oscuri. Inizialmente, il capitano del Kartepe, in un messaggio audio concessogli dal dirottatore, aveva parlato di un «commando di quattro-cinque persone» (versione confermata dalle autorità turche) che ieri pomeriggio avrebbe preso possesso dell’imbarcazione nel Golfo di Izmir. Subito sono stati incolpati i terroristi curdi del PKK che avrebbero assalito la barca per dirottarla verso la blindatissima isola di İmralı, a 120 chilometri dal luogo dell’assalto, dove il leader dei ribelli curdi Abdullah Öcalan è in carcere dal 1999. In realtà, il dirottatore sarebbe stato uno solo, come ha poi confermato il ministro dei trasporti turco Binali Yildirim, e non avrebbe avanzato richieste specifiche alla Turchia, se non viveri e benzina per proseguire il viaggio. Il ragazzo, tuttavia, avrebbe minacciato di far esplodere alcuni ordigni che aveva con sé qualora le forze speciali avessero attaccato la nave.
Il PKK non ha ancora rilasciato alcun comunicato ufficiale, ma alcuni analisti sono scettici riguardo a un suo coinvolgimento. È vero che negli ultimi giorni la tensione è molto aumentata dopo gli attacchi degli estremisti curdi nella provincia sudorientale di Hakkari e la susseguente risposta turca. È vero che la pressione interna sul caso Öcalan era cresciuta dopo che la stessa agenzia filocurda Firat aveva sottolineato come al leader separatista «venisse negato da mesi l’incontro con i suoi avvocati» e che la sua detenzione rimane un nodo cruciale nello scontro con la Turchia. Ma è anche vero che raramente il PKK ha realizzato attacchi in mare (preferisce le imboscate nel sudest del paese lanciate anche dalle montagne al confine con l’Iraq) o per mano di attentatori solitari. Il dirottamento, in realtà, ha fatto tornare alla mente un altro grave episodio del 16 gennaio 1996, quando, durante la Prima guerra cecena, nel Mar Nero sei cittadini turchi di origine causasica dirottarono il traghetto Avrasya con circa 120 passeggeri a bordo, minacciando di farsi esplodere per protesta contro «gli attacchi russi ai separatisti ceceni». I dirottatori si arresero tre giorni dopo.
Foto: AP